Zoomafia: quando il business diventa animale
Canili sovraffollati, strutture fatiscenti al limite della sopravvivenza. Animali malnutriti e maltrattati. Cuccioli che, ad appena un mese di vita, affrontano viaggi in condizioni estreme. Ecco cosa accade nel mondo della zoomafia.
L’80% degli animali abbandonati finisce investito, avvelenato o maltrattato, morto di stenti per fame e sete. A ciò si somma il costo sociale dell’abbandono: “ben 200 milioni di euro all’anno la spesa pubblica dei Comuni, e conseguentemente dei cittadini, per il solo mantenimento dei circa 200mila cani ospitati nelle strutture convenzionate con le amministrazioni comunali”, denuncia la Lav, Lega Anti Vivisezione. E sì, perché il costo medio per ogni cane detenuto in un canile convenzionato è di circa mille euro l’anno. Considerato che un animale staziona in media circa sette anni all’interno della struttura, la tariffa diventa di settemila euro per ogni cane per tutto il tempo di permanenza.
Un guadagno da milioni di euro
Un vero e proprio business quello del randagismo che coinvolge trafficoni e malavitosi in un giro di affari stimato intorno ai 500 milioni di euro. “Convenzioni milionarie con amministrazioni locali compiacenti, spesso aggiudicate con gare d’appalto al ribasso d’asta, alle quali corrispondono strutture fatiscenti, veri e propri lager dove è impedito l’accesso a chiunque e da dove i cani non usciranno mai”. È quanto si legge sul Manuale contro i crimini zoomafiosi ad opera di Ciro Federico Troiano, responsabile dell’Osservatorio nazionale zoomafia Lav, “animali detenuti in strutture sovraffollate, prive delle condizioni igienico-sanitarie necessarie; animali malnutriti, senza alcuna assistenza veterinaria, vittime di ogni sorta di maltrattamenti”. Situazioni dove le epidemie sono all’ordine del giorno e diventano, per i gestori, una “manna dal cielo”.
“Risolvere” il problema
Ma perché questo accade? Probabilmente a causa dell’insufficienza o più spesso dell’assenza di strutture pubbliche che accolgano i randagi, per sopperire alla quale le amministrazioni offrono in appalto esterno, a privati, la gestione degli stessi. Far ciò è indubbiamente il modo più semplice di risolvere il problema, ma non tiene minimamente conto del benessere degli animali, che vengono letteralmente stipati, senza alcun rispetto, tra l’altro, del loro profilo etologico.
Conoscere il numero esatto di queste povere vittime è pressoché impossibile. I dati del Ministero della Salute parlano di 5.815.727 cani di proprietà iscritti in Italia all’anagrafe nazionale degli animali d’affezione. Un dato che comprende non solo gli animali che vivono nelle famiglie italiane, ma anche quelli che sono detenuti nei canili dei Comuni. Secondo poi lo stesso Ministero, i canili sanitari autorizzati, nel 2011, sarebbero 915. Un numero poco aggiornato purtroppo, così come quelli ultimi del 2010 riguardanti gli ingressi dei cani nei canili sanitari: 102.365. Cifra impressionante, ma non più di quella che indica il tasso di mortalità degli animali detenuti nelle strutture gestite per lucro: il 60 per cento dei cani ospitati, infatti, muore.
La tratta dei cuccioli
Il randagismo e la gestione dei canili lager sono, dunque, un business da milioni di euro. In Italia è difficile riuscire a contestare il reato di abbandono. Senza la flagranza o la presenza di prove testimoniali o documenti inoppugnabili è pressoché impossibile. Stesso vale per un’altra delle attività più redditizie che riguardano gli animali: la tratta dei cuccioli dai Paesi dell’est. Migliaia di animali coinvolti ogni anno in un traffico che vede attive vere e proprie organizzazioni transnazionali. I numeri parlano chiaro: circa 500mila i cani importati dai paesi dell’Est e venduti in Italia, spacciati per cani di razza con pedigree e venduti per questo a cifre elevate, ma pur sempre inferiori a quelle di un allevamento professionale e qualificato. Cuccioli di tutte le razze, principalmente piccole taglie che incontrano maggiore richiesta sul mercato italiano. Ma tutto ciò è possibile da un punto di vista legale?
Fatta la legge trovato l’inganno
“Dietro questo business si nascondono gruppi organizzati che importano clandestinamente gli animali e li smerciano attraverso venditori compiacenti”, spiega Ciro Federico Troiano nel suo Manuale contro i crimini zoomafiosi. “Gli animali, privi di certificati d’identificazione, ovvero scortati da false certificazioni che attestano trattamenti vaccinali e di profilassi mai eseguiti, sono poi rivenduti all’interno delterritorio nazionale, con riverberi fiscali illeciti di non poco conto. I cani vengono allevati in condizioni pietose, vi è un’altissima mortalità. La provenienza privilegiata di questi animali è l’Ungheria e la Romania da dove, comprati per pochi euro, arrivano ammalati e sono accompagnati da falsi pedigree e da documentazione contraffatta. Vengono smistati nei negozi; come provenienza risulta la città di transito in Italia”.
Problemi di salute e di comportamento
Animali malati le cui condizioni di salute, solitamente, peggiorano molto in fretta morendo nel giro di pochi giorni. Patologie virali che si trasformano in epidemie letali e che non risparmiano di certo cuccioli che hanno 30-35 giorni di vita, età in cui sono di certo più appetibili per i clienti. I più fortunati sopravvivono a tutto ciò, ma il loro vissuto e l’essere stati staccati dalla madre e dagli altri cuccioli così in fretta li condannerà, senza ombra di dubbio a problematiche di tipo sanitario e comportamentale di cui solo un proprietario esperto e preparato potrà rendersi conto. Sarà dunque valsa la pena aver risparmiato un paio di centinaia di euro?
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Illeciti penali collegati al traffico di animali
• Concorso di persone
• Associazione per delinquere
• Ricettazione
• Uccisione di animali
• Maltrattamento di animali
• Detenzione in condizioni incompatibili
• Frode nell’esercizio del commercio
• Truffa
• Esercizio abusivo della professione
• Omissione di atti d’ufficio
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Di Federica Forte
Foto ©Javier Rosano/Shutterstock
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