Ruggiero Rociola e Albiero: campioni di agility

di Redazione Quattrozampe

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Carriera tutta in salita per Ruggiero Rociola, “Ruggio” per gli amici. In pochi anni è già campione d’agility col suo Albireo.

L’agility italiana vanta tra i suoi docenti un neo-vice campione Europeo, che in pochissimo tempo ha scalato le vette più alte di questo bellissimo sport, continuando a restare, nonostante il successo, nella discrezione e nel riserbo più assoluto. Lui si chiama Ruggiero Rociola, pugliese d.o.c. e marchigiano di adozione. “Ruggio” (per gli amici), vive a Castelfidardo, in provincia di Ancona, dove ha aperto da qualche anno una scuola di agility e insegna a tutti i marchigiani questa fantastica danza a sei zampe chiamata agility. Si tratta del centro cinofilo Superdog, in via Che Guevara, zona Acquaviva di Castelfidardo, in provincia di Ancona, nelle Marche, in un’area verde, completamente recintata, di 4.000 metri, divisa in campo A, per obbedienza di base e obedience, curate dall’istruttore Luca Galassi; e campo B per l’agility, curata dal preparatore Ruggiero Rociola. Conosciamolo meglio.

Caro Ruggio, mi permetto di chiamarti così vista la profonda amicizia che ci unisce. Innanzitutto ti rinnovo i miei complimenti per questo titolo così ambito ed importante che hai conseguito. La domanda sorge spontanea: da quanto tempo hai iniziato a svolgere l’attività dell’agility?

Caro Alfonso, ti ringrazio per questa intervista e ti rigiro i complimenti per il titolo che noi abbiamo conseguito, insieme a Carlo Fazio e Andrea Occhini. Pratico agility da pochissimo tempo, sono poco più di quattro anni, quando ad uno stage al quale io non partecipavo ma curiosavo, il relatore e mio grande amico Roberto Mucelli mi ha invitato a correre tra due ostacoli per farmi assaporare il fascino di questo sport. Successivamente mi ha invitato a casa sua ed è stato il giorno più bello da quando seguo l’agility. Per due motivi: il primo è stata la scelta di Albireo, in verità è lui che ha scelto me venendomi subito incontro mentre gli altri cuccioli mi guardavano da lontano senza mai avvicinarsi. Ed è stato subito amore. Il secondo motivo è stato fare il mio primo giro di agility con un Border Collie di nome Merlino. Da quel giorno in poi quattro splendidi anni di divertimento e passione per questo sport.

Quando hai pensato di aprire il tuo centro e come mai hai scelto quel simpatico nome, “Superdog”?

Ho pensato ad un mio centro due anni fa, soprattutto mi piaceva l’idea di poter far conoscere questo sport ad altri, uno sport basato sulla fiducia e l’amore verso il nostro amico a quattro zampe, insomma condividere la mia passione con la loro. Il nome lo ha scelto il mio amico e socio Luca Galassi, e mentre il centro stava già per nascere lui ha avuto fiducia in me, aiutandomi a realizzare un mio grande sogno e per questo non smetterò mai di ringraziarlo.

Il tuo primo lavoro non è insegnare agility, almeno per ora. Come riesci a conciliare la tua vita, la famiglia e il centro cinofilo?

Questa è davvero una bella domanda. Io lavoro nel settore metalmeccanico, presso un’azienda costruttrice di trivelle, e il mio dopo-lavoro è l’agility al quale dedico gran parte del mio tempo libero,tempo che purtroppo molte volte tolgo alla famiglia. E qui entra in campo il mio angelo custode, mia moglie, che cerca di stare sempre al mio fianco rincorrendomi in tutti i modi, per tenere sempre unita la famiglia dandomi l’opportunità di godermi quotidianamente i miei due bimbi.

Parliamo del tuo metodo di insegnamento dell’agility, qual é l’ostacolo che per primo fai conoscere a un cane?

Il primo approccio lo faccio fare con il tubo rigido: questo attrezzo lo trovo molto utile a far capire ai futuri conduttori che per affrontare un attrezzo non serve avere solo una buona base di obbedienza, poiché per iniziare ad attraversare il tubo rigido ne serve ben poca, ma ci vuole molto feeling, ci si deve divertire, creare complicità con il nostro amico sin dal primo attrezzo. Il tubo rigido fa divertire il cane sin dai primi ingressi e dà modo al conduttore di divertirsi con lui.

Riesci ad individuare talenti? Come?

Di sicuro non è facilissimo individuare dei talenti. Io per mia sfortuna non ci sono ancora riuscito, ma in generale un’idea di chi può diventare un talento c’è l’ho. In realtà servono poche cose, ma di grande importanza: un vero talento non si scopre solo per i risultati sportivi, ma deve avere una grande umiltà dentro e fuori il campo, riuscire a far amare questo sport nel pieno rispetto del cane dando consigli senza mai risparmiarsi.

Credi davvero che l’agility sia uno sport per tutti i cani e tutti i conduttori?

L’agility nasce come sport per tutti e come già tutti sappiamo ammette cani di razza e meticci, e non ci sono regole per poter stabilire chi può farla e chi no. Dobbiamo essere noi umani a capire i limiti: quando capita che un cane può presentare problemi di qualsiasi genere per i quali l’agility può essere un problema e non un divertimento, io mi limito nella conoscenza solo con salti senza stecche e tubi rigidi. Per me tutti possono essere conduttori, mi riferisco a quanto detto prima, dobbiamo essere intelligenti a capire i nostri limiti senza esasperare i nostri amici a quattro zampe.

Credi l’Italia abbia molto divario tecnico rispetto al resto del mondo?

Dopo l’esperienza vissuta in Belgio sono ancora più convinto che l’Italia non abbia nulla da invidiare a nessuno come tecnica: abbiamo fatto un grandeEuropeo come Nazione, ho potuto vedere i nostri agilitisti fare dei grandissimi giri sfoderando una grande tecnica, strappando anche molti applausi, affrontando alla pari tutti gli altri Paesi.

Come mai molti club preferiscono organizzare stage o seminari con tanti professionisti stranieri tralasciando i nostri docenti italiani?

Sarebbe bello continuare a sviluppare il nostro metodo italiano, visto che di grandi preparatori ne abbiamo anche noi e penso di non sbagliare se dico che i vari Giraudi, Oggioni, tu, Alfonso, o Giavoni e Bertuletti e molti altri che sono da anni in campo possono dare molta qualità alla nostra agility italiana, l’importante è collaborare e non sentirsi avversari anche nell’apprendere.

La mentalità cinofila in Italia sta cambiando, nelle Marche come vivono il cane e l’agility?

Sono d’accordo, la mentalità in Italia sta cambiando, e le Marche é una di quelle regioni che negli ultimi cinque anni ha dato una svolta nella vita quotidiana del cane. Ci sono sempre più persone interessate a capire il proprio cane, a praticarci sport, a condividere le vacanze, e sta scemando la convinzione di avere un cane per goderselo in salotto o che basti tenerlo in box con un po’ di cibo e acqua. A tutti questi cambiamenti c’è anche da evidenziare il grande lavoro di tutti i centri cinofili che diffondono l’istruzione cinofila in scuole, parchi e piazze, organizzando dei veri e propri corsi d’informazione e buone regole per il rispetto e la conoscenza dei nostri amici pelosi. L’agility marchigiana sta crescendo in maniera molto veloce, stanno nascendo molti centri che praticano questa disciplina, e il livello tecnico pian piano si sta alzando soprattutto grazie a gente come te che non perde occasione di svelarci tutti i suoi segreti.

Il mondiale Sudafricano è stato davvero un flop, secondo te qual é stato il motivo reale?

Come ben sai, io ho fatto due delle tre selezioni e i motivi del flop sono tanti e non si è capito quale fosse quello più reale. Sicuramente questo evento pieno di incertezze ha dato motivo a tutti i Paesi che si sono ritirati a essere convinti che non parteciparvi era la soluzione più sicura per tutti.

 Di Alfonso Sabbatini

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