Colonia felina: i gatti ferrovieri di Anna
Anna Crosa ci racconta la sua storia e quella della colonia felina che segue e le vicende dei suoi “gatti ferrovieri”, un racconto in cui molti volontari si riconoscerranno di sicuro.
La colonia felina dei gatti ferrovieri
I predecessori di quelli che oggi sono i miei ‘mici ferrovieri’ popolavano già, prima che io nascessi, lo stesso luogo dove vivono oggi. Di loro si occupava mia mamma, insieme a un gruppetto sparuto di persone di buon cuore, tra cui un signore che ancora oggi incontro nella via, ormai molto anziano, che ogni tanto comprava loro le acciughe.
Desiderio di aiutare
Una delle prime sensazioni di cui ho coscienza è il desiderio che si respirava in casa di aiutare gli animali, di qualsiasi specie, dagli uccellini che mio padre portava a casa feriti e dopo debita convalescenza liberavamo nei pressi della casa in campagna, alla chioccia coi pulcini tenuti in casa perché nel pollaio era “troppo freddo”, ai coniglietti allevati da mia mamma perché la coniglia era morta, ai cani abbandonati al cancello dell’orto e adottati o fatti adottare nel vicinato. E tanti altri, sempre vissuti in campagna e morti di serena vecchiaia. Ma vicino a casa c’erano loro, i gatti della ferrovia.
Mi viene naturale
E se mediamente per ogni individuo è naturale e normale avere una casa, una famiglia, affetti e amicizie, magari un cane o un gatto come animali domestici, oltre a tutte queste cose per me è sempre stato naturale occuparmi anche di questi compagni di vita, i gatti randagi del quartiere, che poco a poco ho organizzato e sistemato in una colonia felina ben curata dove oggi vivono liberi, sani e felici.
Controllo dall’alto la colonia
Ho un vantaggio in tutto questo, infatti, benché il posto dove vivono sia molto macchinoso da raggiungere, si trova su un terrapieno esattamente sotto casa e io lo vedo dal terrazzo che si apre sulla cucina, da dove godo di una visione privilegiata sulla colonia felina che mi permette di controllare che tutto sia a posto, che i mici abbiano sempre le ciotole piene e di osservare i loro atteggiamenti e le loro avventure senza che loro ne siano disturbati. Non ultimo, riesco a fotografarli in tutta la loro bellezza e naturalezza.
Conosco tutte le storie dei miei mici
E così non c’è stato un giorno della mia vita (a parte assenze per vacanze viaggi o altri motivi) in cui io non mi sia affacciata e abbia trovato uno dei miei mici che mi dava il buongiorno, guardando all’insù con i suoi occhi intensi curiosi e indagatori. Per lo stesso motivo ho potuto seguire tutte le loro storie, conosco tutte le “parentele” tra loro, so chi era la mamma o la nonna di un micio, conosco e ricordo i nomi di tutti loro e di quelli che li hanno preceduti, ho seguito tante cucciolate aiutando le gattine ad allevarli, sono stata testimone di innumerevoli episodi e storie divertenti e commoventi, osservatrice di un “mondo” magico e quasi fuori dal tempo, rimasto immutato da quando ero una bambina e mi arrampicavo di nascosto sulla massicciata per raggiungere i miei gatti di allora.
Sterilizzazione e adozioni
Qualche anno fa ho deciso che, soprattutto per il loro bene, ma anche per il mio impegno e le mie finanze (la spesa per i gatti è sempre decisamente superiore a quella per gli umani) una trentina di mici erano sufficienti e ho iniziato una campagna di sterilizzazione delle femmine della colonia felina e di qualche maschio. Con l’aiuto di una volontaria fantastica, Margherita – oggi diventata mia grande amica – che da vent’anni si occupa della cattura delle gattine randagie per la sterilizzazione su tutto il territorio della provincia, in un anno e mezzo di rocamboleschi appostamenti settimanali con la gabbia–trappola, sono riuscita nel mio intento e ho fatto sterilizzare tutte le femmine e alcuni maschi della colonia, ed anche alcune gattine trovate nei quartieri vicini che avevano chi provvedeva a loro per il cibo, ma rischiavano di popolare le strade con cucciolate continue. Siamo anche riuscite a catturare, curare e far adottare alcuni piccoli ancora addomesticabili, e continuiamo a farlo tuttora se incontriamo o ci viene segnalato un gatto in difficoltà. Il tutto sempre in totale autonomia materiale, economica e logistica, aiutata con qualche colletta di Margherita e di un’altra splendida volontaria e amica, Romina.
Puntino e Juve
E sempre per la serie “non mandiamo indietro nessuno” ogni tanto alla colonia felina si unisce qualche micio girovago che trova cibo e un po’ di riparo, alcuni come gli ultimi due acquisti, Puntino e Juve, si fermano e vengono ufficialmente adottati, altri purtroppo non riesco a farli restare neanche con l’attrattiva di pollo o nasello bollito. Fanno parte della fauna locale anche Spillo, un riccio che vive nelle vicinanze con due piccolini ed è molto ghiotto di crocchini, pezzetti di mela e wurstel, che di sera si aggira noncurante in mezzo alle zampe dei mici osservato con tolleranza, e Frollo, un gabbiano che ogni tanto tira fuori le ciotole dal loro riparo e al quale i mici, trovandolo a passeggiare indisturbato sul loro territorio, riservano improbabili agguati divertentissimi che io mi godo dal terrazzo di casa. Per evitare che mi scombinasse tutte le ciotole l’ho abituato a prendere il cibo al volo, ormai mi aspetta anche lui in cima a un palo poco distante dalla colonia felina e appena mi vede inizia a girare in cerchio come su una giostra, prendendo con precisione, eleganza e destrezza formidabile i pezzi di prosciutto, pollo o tacchino che io gli lancio e che compro per i gatti… e ormai anche per lui.
Amo fotografarli: storie di colonia felina
Oltre al mio amore per i mici e per gli animali in genere riempiono la mia vita tante altre passioni, amo la fotografia e la letteratura, mi piace interpretare con entrambe aspetti della vita dei miei gatti e della mia esistenza, amo viaggiare e imparare, da ognuno dei miei viaggi ho sempre portato ricordi e foto di almeno un micio incontrato, aiutato e amato, quando non sono tornata direttamente con uno o due mici al seguito che non mi sono sentita di lasciare sul posto. Mi piace andare a teatro, alle mostre o semplicemente godermi una cena tra amici e a volte mi piacerebbe che le giornate durassero il doppio per riuscire a fare tutto. E in tutto questo non mi dispiace alzarmi tutte le mattine mezz’ora prima del dovuto per bollire petto di pollo, nasello, carne tritata da portare ai miei “ragazzi”, perché vivendo fuori devono avere più difese per restare sani, soprattutto nella stagione fredda. Per questo in autunno metto loro le vitamine nell’acqua, e se ne vedo qualcuno che sembra stare poco bene, è ferito o gli gocciolano gli occhietti, cerco di attiralo con bocconi di carne tritata dove ho mischiato l’antibiotico, salvo quando si presenta un caso che trovo particolarmente preoccupante e allora con l’aiuto di Margherita il micio viene catturato e portato in clinica.
Zona degradata dall’industrializzazione
Abito e ho sempre abitato in Valpolcevera, periferia ovest di Genova, una vallata un tempo molto bella e verde, ma oggi purtroppo degradata dall’industrializzazione e da troppe servitù. È una zona cementificata e trafficata, con poche zone verdi tranne che sulle colline che la circondano. Per andare dai miei ragazzi mi arrampico tre o quattro volte alla settimana, rientrata dall’ufficio, su per una scaletta in ferro costruita dai ferrovieri nel dopoguerra, attraverso un tratto di ferrovia dismessa e costeggiata da alcuni orti e pollai e poi passo su una massicciata che finisce sotto le case della via dove abito.
Con Margherita, Romina e il mio compagno
Il tutto con un borsone con tre bottiglie d’acqua, un sacco di crocchini da quattro chili, svariate scatolette di umido, ciotole di ricambio, stracci per pulire e nella brutta stagione anche traverse isolanti e copertine o vecchi maglioni da mettere nelle casette sui bancali, che abbiamo portato insieme a Margherita, Romina e al mio compagno (arruolato anche lui per una giusta causa e “gattaro” occasionale), affinché i mici abbiano un po’ di riparo.
Amore e compassione per quei musetti
Se qualcuno mi chiedesse – come secondo me si saranno già chiesti in tanti – il fatidico “chi telo fa fare?”, saprei rispondere senza esitazione. A parte l’insegnamento e l’esempio dei miei genitori, che mi hanno sempre fatto respirare un’aria di disponibilità, amore e compassione verso qualsiasi essere vivente, e che pur mancando da molti anni mi hanno lasciato scorte abbondanti di incoraggiamento, amore incondizionato e partecipazione, me lo fanno fare gli occhi e i musetti dei miei mici ferrovieri, quando li trovo che mi aspettano acquattati in mezzo ai cespugli come piccoli leoni nella giungla, quando qualcuno di loro arriva ad aspettarmi fino alla scaletta e molto discretamente mi accompagna lungo tutto il tragitto – ma non cercare di avvicinarti o toccarmi, umana – quando si materializzano improvvisamente dietro di me come folletti, mentre traffico con ciotole e scatolette, quando mi sorvegliano da dietro i rami e controllano tutto quello che faccio, quando li vedo nei giorni di pioggia che si godono il riparo delle casette, su copertine morbide che non avrebbero mai avuto. Ma soprattutto quando rientro a casa e mi affaccio, e li vedo dall’alto che mangiano soddisfatti quello che ho appena portato e poi si girano a guardarmi leccandosi i baffi innumerevoli volte con un’espressione sorniona e riconoscente.
I loro sguardi ripagano di tutto
Nell’attimo in cui i nostri sguardi si incontrano, stanchezza, nervosismo, stress che regala la vita quotidiana svaniscono, ho la certezza che loro capiscono e sanno chi sono io, e vivo un attimo di infinita e incontaminata felicità.
a cura di Anna Crosa
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