Il risveglio degli orsi
Il risveglio degli orsi
Hanno dato il suo nome a due costellazioni, per anni è stato simbolo di rinascita ed immortalità (ma anche di pigrizia, asocialità e goffaggine), nell’immaginario collettivo viene rappresentato come un tenero peluche. L’orso, il goffo bestione dalle zampe tozze e la folta pelliccia che dorme per circa metà dell’anno solare, è uno degli animali più temuti ed al contempo più amati del pianeta.
Morte e resurrezione
Impossibile parlare di primavera senza fare riferimento agli orsi, i veri protagonisti della stagione che segna la fine delle rigide temperature invernali. I primi germogli, le giornate più lunghe ed il clima mite fungono infatti da sentinelle per questi animali solitari, che dopo sei mesi di profondo letargo vengono ridestati dai profumi intensi, il desiderio di accoppiarsi e la fame.
Proprio come accadrebbe in caso di morte e resurrezione, l’orso dopo un periodo di dormiveglia molto lungo senza cibo né acqua, durante il quale la temperatura corporea può raggiungere anche pochissimi gradi, si risveglia completamente. Risorge. Sarebbe un peccato non approfittare dei fiori, i frutti e le piante riportate alla luce da Madre Natura! Tuttavia, è sbagliato convincersi che questi mammiferi cadano letteralmente in trance, dormendo per mesi senza mai muoversi. Durante le giornate più calde, potrebbero anche decidere di alzarsi per sgranchirsi le zampe o fare uno spuntino.
Miti e leggende sugli orsi
Prima dell’invenzione dell’orsetto Teddy, il simpatico pupazzo che per i più piccoli ha assunto ruolo di dispensatore di sonni tranquilli, l’orso era considerato detentore di saggezza e conoscenza universale, alla stregua di una figura mitologica. Simbolo di rinascita, talvolta associato a Re Artù per l’assonanza del nome “Ursus Arctos”, l’ingombrante amico a quattro zampe ha spesso ispirato leggende popolari.
Famosa ad esempio, è la credenza secondo cui gli orsi sarebbero in grado di danzare. La postura su due zampe infatti, è sempre risultata insolita per un quadrupede. In passato, la tradizione voleva che si organizzassero canti e balli fuori dalle tane allo scopo di avvicinare questi animali ed accattivarsi la loro amicizia. D’altronde la primavera, da sempre accolta come antitesi dell’inverno, doveva essere festeggiata con rituali propiziatori come il ballo.
Un’altra leggenda piuttosto singolare, riguarda i cuccioli di orso. Secondo gli antichi, i cuccioli nascevano privi di forma. Plinio il Vecchio affermava: “ grandi come topi, senza occhi, né peli: le madri leccandoli li plasmano a poco a poco”.
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