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Il presidente LAV, Felicetti: “Vietato vietare”

di Maria Paola Gianni

Gianluca-Felicetti

“Grazie alla legge sul condominio, vale il principio secondo il quale non è più possibile discriminare un pet o chi ci vive insieme, solo perché un animale è tale”

“La legge sul condominio? Nasce dall’esigenza di regole chiare. Basti pensare che in merito al regolamento assembleare fino agli anni Ottanta non esistevano sentenze a favore del proprietario giuridico e quindi dell’animale domestico. Dal 2008, a inizio della scorsa legislatura parlamentare, abbiamo presentato la nostra proposta di legge sul tema in questione, che ora ha dato i suoi frutti”. A parlare è Gianluca Felicetti, da sette anni presidente nazionale della Lav, esperto in rapporti istituzionali tra leggi, regolamenti comunale e un’infinita pazienza nel seguire le lungaggini della burocrazia italiana.

“Il vietato vietare nei regolamenti dei condomini”, continua lui, “ha un effetto pratico incredibile rispetto al risultato concreto, ma contiene in sé anche un aspetto filosofico per noi molto impor tante: è passato il principio secondo il quale non è possibile discriminare un animale o chi ci vive insieme, solo perché un animale è tale. Prima c’era una discriminazione di specie”.

Ma chi è Gianluca Felicetti?

Fa parte della Lav dal lontano 1979, ma non l’ha fondata lui, perché nata due anni prima, nel 1977. Cinquant’anni d’età, legato sentimentalmente da molti anni, padre di un figlio di diciassette anni che, ovviamente, è vegetariano dalla nascita. “La mia compagna non ha una storia animalista, è ambientalista. Non mangia carne, ma nei posti di mare mangia pesce e questo con il sottoscritto e con nostro figlio diventa un argomento di grande dibattito e di contrasto”.

Nella foto tiene in braccio Babbù, un dolcissimo Cavalier King, proveniente da un sequestro di cuccioli realizzato nel 2012, del quale la Lav è divenuta custode giudiziaria. Fin dai primi giorni del sequestro, Babbù è stato accudito da una attivista della Lav, di nome Carlotta, che se ne è subito innamorata e ha deciso di prenderlo in affido. E così Babbù frequenta spesso la sede romana dell’associazione animalista, ormai parte della “famiglia” Lav.

Presidente Felicetti, tra petizioni, campagne, proposte di legge fatte depositare più volte… sono anni di battaglie della Lav in tema di condominio, e non solo….

Beh, a livello di Parlamento, tutto sommato, abbiamo impiegato poco, a giudicare dai lunghi tempi della politica italiana, perché abbiamo ottenuto la legge in cinque anni. Si tratta di un argomento molto dibattuto nelle aule di tribunale, dai giudici di pace, nelle assemblee condominiali. Sono tutte battaglie condotte da tante associazioni e da tanti singoli privati. Noi della Lav abbiamo pensato di risolvere il problema alla radice, con una proposta di legge da far presentare in Parlamento, sin dal 2008, poi col lancio della petizione con la raccolta delle firme, oltre 150mila, presentate in parlamento nel 2009. Nella stessa petizione, ad esempio, era anche contenuto il diritto al soccorso stradale per gli animali, divenuto legge due anni fa. Restano tante altre battaglie da portare a termine, come ad esempio il fatto che nel codice civile l’animale in alcuni casi venga definito “un bene mobile”, quindi una cosa, non prendendo atto della mutata sensibilità e del codice penale, ma anche del Trattato europeo che dal 2008 definisce gli animali come esseri senzienti.

Altre battaglie e vittorie?

Ne ricordo solo alcune: nel 2004 abbiamo ottenuto la riforma del codice penale in tema di maltrattamento degli animali, la chiusura di Green Hill è “figlia giuridica” di quella legge così come l’abolizione dei test cosmetici sugli animali. Qualcosa è cambiato anche nel recente passato. Ad esempio, l’obiezione di coscienza nella sperimentazione degli animali prevista per legge, negli anni Novanta abbiamo abolito in questo paese il tiro al piccione, in Italia abbiamo chiuso i cinodromi con una legge non di tutela animale, ma di carattere fiscale, eravamo il più grande paese importatore di pelli di cani e gatti in Europa e siamo stati invece i primi in Europa a vietarlo, così come per le pelli di foche.

Come nasce il tuo matrimonio con la l’associazione?

Non sono stato educato al rispetto verso gli animali, ma la mia conversione è esplosa in tutta la sua potenza dopo che vidi un manifesto della Lav nel 1979, affisso a Roma, con la foto di un gatto sottoposto a un esperimento. Quel manifesto ha cambiato la mia vita. Ricordo che entrai subito in una cabina telefonica e composi il numero della Lav riportato sotto quella foto così inquietante, per chiedere come avrei potuto iscrivermi all’associazione per dare il mio contributo. Dopo un anno sono diventato vegetariano, parliamo di trentaquattro anni fa. Poi nell’ultimo decennio ho fatto la scelta vegana.

Animali in casa?

Al momento no. Sono cresciuto senza animali in casa, per tradizione familiare. Nella mia vita ho vissuto solo per cinque anni con un cane raccolto per strada quando ancora vivevo coi miei, un meticcio poi morto da avvelenamento urbano. Il fatto che non ho quasi mai avuto animali in casa è stato in parte anche una scelta, magari, rispondo con una battuta, grazie alla quale ho più tempo per dedicarmi agli animali degli altri, non avendo la responsabilità e la preoccupazione dei “propri”.

Dopo tutte queste battaglie tutti questi risultati raggiunti che altro vuoi fare “da grande”?

Il motto è trasformare in atti concreti una sensibilità generale che sappiamo essere aumentata: dalla vicina di casa, al barista, al compagno di scuola, alla famiglia che conosciamo casualmente sotto l’ombrellone. Il nostro scopo è riuscire a trasformare tutta questa ricchezza in atti concreti. Magari il cambiamento di uno stile di vita in una scelta alimentare, di abbigliamento, di un acquisto di un prodotto piuttosto che un altro, che rappresenti il rispetto effettivo verso gli animali. Atti concreti come il poter cambiare e migliorare le leggi, promuovere l’informazione e l’educazione in modo fermo, ma ovviamente gentile, nell’ambito delle scuole dell’obbligo, altra nostra caratteristica. Piccoli passi in avanti, dunque, a testimonianza che cambiare non solo si deve dal punto di vista di scelte morali e di salute, ma si può e non è difficile. –

Quante ore lavori al giorno?

Non lavoro (sorride, ndr). Ho la fortuna di dedicarmi a quello che amo e in cui credo, a prescindere dal ritorno economico. La mia è stata una scelta consapevole. Nel momento in cui ho avuto l’opportunità di avere un riconoscimento professionale nell’ambito dell’animalismo, ho rinunciato ad oltre la metà del mio stipendio da impiegato di allora per dedicarmi a quello in cui credevo e che mi piaceva. È successo nell’92, fu ben ventuno anni fa.

Dove trovi la pazienza di sopportare le lungaggini della politica italiana?

La trovo nella sofferenza degli animali: è talmente grande che se mi dovessi spazientire subito, forse non sarei neanche qui.

Una valvola di sfogo, quando proprio non ce la fai più?

Mi dedico a un’altra passione che coltivo fin da piccolo, seguo la Lazio, la mia squadra di calcio del cuore, che rappresenta la più grande polisportiva d’Europa e ha i colori della Grecia olimpica. E poi la musica, a tutto volume.

E l’aquila allo stadio Olimpico?

Essere dalla parte degli animali non è un hobby, è una scelta di vita. E quando la Lazio ha deciso di comprare un’aquila per farla volare nello stadio Olimpico di Roma, utilizzando un animale nato in cattività con tanto di addestratore, non ho esitato neanche un secondo a polemizzare pubblicamente in modo costruttivo con la mia squadra del cuore. La Lav ha fatto ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato per bloccare questa assurdità sotto ogni punto di vista, anche rispetto a quel principio e a quella tradizione che il volo dell’aquila dovrebbe rappresentare per i tifosi.

A chi ti chiede provocatoriamente ma con tutti i bambini che muoiono di fame, stiamo ancora a pensare agli animali? tu cosa rispondi?

Con mia la scelta vegetariana e tanto più con quella vegana contribuisco più io ad alleviare, spero, la lotta alla fame nel mondo, piuttosto che chi mi formula una simile obiezione e poi continua a persistere col suo stile di vita energivoro. Oltre a far male agli animali, a causa del tipo di produzione che abbiamo al mondo, continuare a nutrirsi di alimenti animali fa del male anche ai bambini che muoiono di fame.

Come definisci la lotta alla vivisezione?

È una lotta per la salute umana, per tutti gli esseri viventi e per affermare il principio che la ricerca non più basata sulla violenza e sulla sopraffazione, ma su metodi sostitutivi eticamente compatibili e scientificamente attendibili. Non ho mai vissuto la difesa degli animali come una preoccupazione solo nei loro confronti, ma per un cambiamento necessario alla società intera. Anche salvare un solo animale può dare scopo a una vita. Come dice il Talmud, ad esempio, chi salva una vita salva il mondo intero.

C’è un’evoluzione dell’essere “animalista”?

Non c’è dubbio che noi animalisti siamo figli anche di un movimento o di un atteggiamento zoofilo che definirei anni Sessanta, nel quale un tempo era facile incontrare la donna impellicciata che andava a portare da mangiare ai gatti. Oggi tutto questo non esiste quasi più. Ora la gattara media è una persona animalista a 360 gradi. Un esempio? Sempre più le persone che si occupano dei canili organizzano anche delle cene di sostegno vegetariane. E domani queste dovranno essere le persone più importanti per la lotta antispecista, l’evoluzione naturale della scelta animalista. C’entra qualcosa? Beh, oggi sembra naturale, ma fino a dieci anni fa non era proprio così. Io, per esempio, ho in tasca anche la tessera di Amnesty International, perché ritengo siano irrinunciabili, ad esempio, la difesa dei diritti umani, la libertà di espressione, il diritto dei giornalisti di fare cronaca in tutti paesi del mondo e tanti altri.

 

Di Maria Paola Gianni (riproduzione vietata)

Foto di Roberto Della Vite

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