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Spese veterinarie: troppo pesanti per gli Italiani

di Maria Paola Gianni

spese veterinarie

Nei bilanci delle famiglie italiane le spese veterinarie sono una voce sempre più importante. Eppure, moltissimi proprietari, ancora oggi, malgrado l’amore per il cane o il gatto di famiglia, portano il loro beniamino dal veterinario solo quando sta male. Cosa sarebbe meglio fare, piuttosto? Tenere ben presente il “possesso responsabile”. “La prevenzione, visite e profilassi regolari dal veterinario almeno due volte all’anno, possono evitare che la spesa vada fuori controllo, ma soprattutto che per l’animale sia troppo tardi”. Parola di Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi). Che ribadisce: “La prevenzione come risparmio è un principio che vale per il Sistema sanitario nazionale, ma anche per le famiglie con animali da compagnia”.

Marco Melosi: una vita per gli animali

Marco MelosiMedico veterinario da trentacinque anni, Marco Melosi si è dedicato sin dall’inizio alla cura degli animali da compagnia, in particolar modo all’ortopedia e alla neurologia. Ma per parecchi anni ha anche lavorato come veterinario di campagna, soprattutto in ginecologia bovina e ovina. Negli ultimi quindici anni si è dedicato anche all’aspetto “politico” della professione: attualmente, infatti, oltre ad essere presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) è anche a capo dell’Ordine dei medici veterinari della provincia di Livorno. Una professione che merita di essere valorizzata non solo per il rapporto con gli animali da compagnia, ma anche per l’enorme importanza che riveste nella nostra società: basti ricordare che tutti i prodotti di origine animale, prima di raggiungere la nostra tavola, sono controllati dai servizi veterinari che ne garantiscono la salubrità.

Gli animali sono di famiglia!

Attualmente Marco Melosi vive in casa con cinque animali: tre gatti, uno rosso di nome Zorba che si è presentato una mattina in giardino come se fosse stato lì da sempre in età presunta di quindici anni; poi c’è Betty femmina tricolore proveniente dal gattile di Cecina, stessa età, e affetta da una grave e rara forma di rattofobia (“paura dei topi”) e, ultimo arrivato, Miciolino, randagio raccolto per strada con una grave lesione oculare che ne ha reso necessario l’enucleazione del globo oculare a due mesi. Infine i due cani: Andrea, il meticcio del presidente, di tredici anni, raccolto in un cassonetto appena nato, e il cane di sua moglie Cinzia, un Carlino di sette anni donato da un allevatore perché, sempre a causa di una grave patologia oculare, era stato tolto anche a lui un occhio. Un pensiero su questa famiglia allargata? “La nostra casa non sarebbe la stessa senza di loro (peli compresi)”, osserva Melosi affettuosamente.

E noi provocatoriamente potremmo chiedergli: ma tutti questi animali non incideranno troppo sul budget familiare? Così come ha osservato di recente, il conduttore e giornalista Rai, Bruno Vespa…

spese-veterinarie-2Insomma, presidente Melosi, Vespa l’ha fatta arrabbiare. Il problema economico è sempre il solito. Cosa risponde a chi lamenta che le spese mediche per cani e gatti sono troppo onerose?

Che la questione non va posta in questi termini. Occorre considerare che la medicina veterinaria ha dei costi esattamente come quella umana (acquisto strumentazioni, spese per la gestione degli immobili, costo del personale, spese per l’aggiornamento ecc.). La differenza è che la prima non è supportata da nessuna compartecipazione pubblica di spesa, né a carico dello Stato, né dei cittadini, e in più è tassata. Mentre le prestazioni sanitarie rese alla persona sono Iva-esenti, quelle agli animali sono tassate con l’aliquota Iva più alta che c’è, quella al 22 per cento, che si applica ai beni di lusso.

Ma perché bisogna pagare l’Iva per gli animali?

Perché la professione veterinaria non rientra fra quelle rivolte alla persona. In realtà, sia pure indirettamente, la salute animale è un fattore di prevenzione sanitaria anche per l’uomo. Basti pensare alle zoonosi. In più, i Ministri delle Finanze di ogni Governo ci hanno sempre risposto che l’Iva è voluta dall’Europa, ma a Bruxelles ci dicono che è una questione che riguarda le finanze dei singoli Stati. Un rimpallo continuo. Eppure tutti i politici si riempiono la bocca con la tutela e il sentimento per gli animali.

Voi medici veterinari avete qualche aiuto dallo Stato?

Nemmeno un centesimo. Il medico veterinario inizia a pagare quando entra da studente all’università e non finisce più di sopportare oneri di investimento economico-finanziario per dotarsi di strutture e mezzi professionali. Oltre a pagare imposte e tasse come ogni altro professionista e cittadino. Non ci sono incentivi e non ci sono agevolazioni. Qualcosa potrebbe cambiare con l’estensione dei fondi europei ai liberi professionisti.

Finora, non essendo considerati attività economica produttiva, noi medici veterinari siamo sempre stati esclusi dai finanziamenti.

Perché i Governi nazionali, di ogni tempo e colore, non si sono mai preoccupati di trovare risorse finanziarie a favore delle strutture veterinarie italiane e dei proprietari degli animali da compagnia?

Cucciolo dal veterinarioLa mancanza di risorse è un fatto reale, così come l’esigenza che uno Stato si dia delle priorità di spesa. Come reperire i fondi per gli animali? Se da un lato non siamo del parere di introdurre tasse o imposte a carico dei cittadini, siamo d’altro canto favorevolissimi alla lotta agli sprechi. Nel settore veterinario ce ne sono molti e scarsamente indagati. La lotta agli sprechi consentirebbe recuperi impensati di risorse. Abbiamo persino chiesto una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce su sprechi e distrazioni di risorse pubbliche di cui nessuno parla e tiene il conto.

Sarà mai possibile avere un fondo di aiuti per le persone indigenti che si prendono cura di animali d’affezione?

La nostra proposta al Ministero della Salute lo prevede, si tratterebbe di destinare i proventi delle sanzioni del settore (ad esempio, per mancata microchippatura del cane) a una medicina veterinaria di base, che dia un pacchetto di prestazioni veterinarie indispensabili. Nessun Governo ci ha dato ascolto. Forse perché controlli e sanzioni sono molto carenti. In alternativa, un primo passo potrebbe essere l’esenzione da Iva e la completa detrazione scale delle cure veterinarie sopportate da proprietari in fascia reddituale debole.

Perché le visite e gli interventi in una clinica costano più di quelle d’ambulatorio? Ci aiuti a farlo capire meglio ai nostri lettori…

Come-comportarsi-dal-veterinarioLa differenza fra una tipologia di struttura veterinaria e un’altra non attiene agli onorari delle prestazioni. È una differenza di tipo organizzativo-strutturale, una classificazione di legge che consente di poter erogare determinate prestazioni ai pazienti animali solo sulla base di determinati requisiti minimi strutturali e organizzativi, tecnologici e di attrezzature. Ad esempio, una clinica veterinaria è struttura autorizzata per la degenza, mentre l’ambulatorio no. Ma a parità di prestazioni erogabili, per esempio la visita, la differenza la fa il mercato e non è detto che in una clinica costi di più. Non esistono tariffari per legge, ma solo onorari liberamente determinati fra professionista e cliente.

Diritti degli animali: coda e orecchie tagliate. Il divieto c’è, ma il business pure. Perché alle mostre vanno avanti e spesso vincono gli animali mutilati? Com’è possibile? Cosa si può fare?

Si può fare quello che stiamo facendo: acquisire e controllare i certificati veterinari e agire di conseguenza se emergono irregolarità, sia con sanzioni disciplinari per violazione della deontologia sia rimettendo il tutto alle Procure per maltrattamento animale. Ma non va dimenticato che spesso sono i proprietari che ancora chiedono i tagli estetici, pur sapendo di incorrere nello stesso reato penale del veterinario che poi taglia. Oltre a sanzionare bisogna promuovere una operazione di sviluppo culturale sul possesso responsabile e sulla legalità.

 

 

di Maria Paola Gianni

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