Terremoto ad Amatrice: la nostra testimonianza
Io ero in quell’inferno. Durante il terremoto ad Amatrice, mi è crollata addosso proprio quella casa che ho sempre amato. Qui pensavo di passare una vacanza spensierata, ad Amatrice, la città degli spaghetti. E invece è stato un incubo che continua a lacerarmi dentro.
Sono le 3.36 del maledetto 24 agosto. Dormo profondamente, primo sonno, al piano terra. Tutto a un tratto mi sveglio di soprassalto per il frastuono del terremoto e le urla disperate di mia sorella Irene (lei è al piano di sopra, sul lato opposto rispetto al mio), che grida più volte: “Maria Paola, stai bene?”.
Sentita la casa crollare, mi crede sotto le macerie. Per fortuna no, il soffitto della mia stanza ha retto.
La terra trema tra crolli e buio pesto
È buio, l’aria è pesantissima, resa irrespirabile da una nube di polvere che mi entra fino alle ossa.
Sono senza luce, il mio cellulare era lontano da letto, sulla credenza crollata insieme a parte della casa. Poggio i piedi a terra, ma non trovo gli infradito, sul suolo c’è di tutto.
A tastoni individuo un paio di scarpe ancora nella scatola, che avevo comprato qualche giorno prima, durante la notte bianca di Amatrice (mai un shopping fu cosi saggio), le indosso al volo e comincio a camminare sulle macerie.
Rispondo a mia sorella che disperata scende da quelle che fino a pochi secondi prima erano le scale e ora ridotte a un ammasso di macerie.
Irene, col suo cellulare, mi porta giù la luce e – finalmente vedo come è ridotta la mia povera casa.
Non ci credo, mi sembra un incubo, arriviamo con affanno al portone d’ingresso che non si apre, è uscito fuori asse, bloccato. E tutto questo mentre la terra continua a tremare: 142 secondi di distruzione, interminabili.
Ho creduto di morire
È a questo punto che ho creduto di morire, ho pensato che fosse arrivata la mia ora. Prendo a calci ripetutamente la porta mentre mia sorella è al cellulare con nostro fratello, lui da Roma aveva sentito il terremoto e ci aveva cercato subito.
Finalmente il portone si apre, ma c’è anche la porta-inferriata bloccata. Nuovo panico, disperata, prendo a spallate l’ultimo ostacolo da oltrepassare. Alla fine vinco, siamo libere di uscire, ma nessuna delle due lo fa…
Non troviamo Sogno, il nostro cane
Semplicemente perché mancava all’appello il nostro Sogno, il nostro cagnolino, quello splendido trovatello abbandonato da un cacciatore che cinque anni fa trovammo moribondo proprio sul corso di Amatrice e che, una volta adottato, ha illuminato la nostra vita con la sua positività e la sua deliziosa coda “a tergicristallo”.
Mai e poi mai saremmo uscite da quell’inferno senza di lui.
Lo chiamo non risponde.
Fino a quel momento non aveva emesso suoni.Temiamo sia finito sotto le macerie. Torno nella stanza dove dormiva con me, stavolta ho una luce di fortuna che aveva recuperato mia sorella e lo trovo immobile, in un angolino, dietro le macerie.
Lo prendo in braccio e usciamo. È incredibile a dirsi (me ne sono resa conto dopo), eppure, malgrado il terrore che si prova in simili momenti (e non credo ci sia cosa più spaventosa), non ho avuto paura quando sono tornata nella mia stanza a cercarlo, tanto era forte il sentimento di amore per lui, la voglia di salvarlo, di portarlo via da lì.
Altra scossa, attorno a noi crolli di case e urla
Appena siamo finalmente, tutti e tre salvi, io, mia sorella e il nostro Sogno, fuori casa, arriva un’altra scossa maledetta e sentiamo attorno a noi case crollare e gente urlare.
Sono momenti che cambiano la vita, in cui ci si rende conto di quanto siamo piccoli e fragili di fronte a simili eventi potenti e catastrofici e di come chi esca vivo da un tale inferno debba doverosamente ringraziare il Signore e, nel mio caso, anche i miei genitori che mi hanno protetto dal Cielo.
Il mio pensiero va a tutti quegli amici e persone innocenti con le quali avevo riso e scherzato fino a poche ore prima e che in un istante se ne sono andate. Intere famiglie spazzate via. Incomprensibile. Lacerante.
Infaticabili e nobili unità cinofile
In questo scenario di disperazione e morte sono scomparsi anche tanti animali.
Onore al merito a tutte le associazioni e persone che a vario titolo sono intervenute, attivandosi fin dalle prime ore dal sisma.
In particolare, Enpa ha schierato tre ambulanze veterinarie, una motocicletta per la consegna tempestiva degli aiuti nelle località più impervie, cinque autoveicoli per il trasporto di animali; un’automedica e due automezzi di supporto logistico che, complessivamente, hanno percorso 5.200 chilometri, pari cioè alla distanza che separa Roma dalla Groenlandia.
Per un’associazione privata si è trattato di una mobilitazione senza precedenti che ha permesso di aiutare 949 animali tra gatti (329), cani (234), animali da “reddito” (358) e persino pesci (5) e tartarughe (45).
Impegno a pieno ritmo anche per il Posto Veterinario Avanzato di Enpa ad Amatrice che ha prestato assistenza a 126 animali con interventi non solo in loco, ma su chiamata.
Tanti animali ricongiunti alle famiglie
Tanti i ricongiungimenti familiari con gatti, cani e persino con tartarughe, seguitissimi dai media.
Persone che a causa del terremoto hanno perso tutto e per le quali il loro “amico” rappresenta spesso l’unico punto di contatto con una normalità ormai perduta.
Ricongiungimenti che il più delle volte sono stati lunghi e complessi, poiché la stragrande maggioranza degli animali d’affezione è risultata essere priva di microchip, ciò dimostra, ancora una volta, quanto sia importante registrare all’anagrafe il proprio pet.
“Ringrazio i nostri volontari, i veterinari, i Vigili del Fuoco, le istituzioni e tutti coloro i quali, con passione e con spirito di sacrificio, ci hanno permesso di aiutare così tanti animali, così tante persone”, precisa la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, “ringrazio anche le migliaia di italiani che ci hanno sostenuto consentendoci di operare al meglio in uno scenario così complesso. Ma il mio pensiero va alle vittime di questa tragedia, alle quali esprimo la mia più profonda vicinanza”.
Dopo il terremoto ad Amatrice, sono tornata in quell’inferno
Domenica 11 settembre (data, tra l’altro, storica e drammatica) sono tornata ad Amatrice con mia sorella.
È stato devastante vedere quei luoghi che conosco da sempre ridotti così. Dappertutto desolazione e morte. Macerie ovunque, come fosse il primo giorno. Difficile tornare alla vita di sempre. C’è anche da dire che le strade sono impervie e danneggiate e non sono molto percorribili da mezzi pesanti per il trasporto delle macerie.
Tanti i terremotati che sono in attesa di risposte, che ci auguriamo arrivino in tempi brevi, e molti quelli che, devastati da gravissimi lutti in famiglia, trovano conforto grazie ad animali rimasti loro vicini.
Anche cani e gatti fanno parte della famiglia.
di Maria Paola Gianni
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