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Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

di Lino Cavedon

Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

Anche nel carcere di Rebibbia di Roma, nella sezione femminile, i cani sono considerati un’opportunità benefica e riabilitativa a favore dei detenuti. Ovviamente non si tratta di cani qualsiasi, ma di animali con storie particolari. Non a caso il direttore del carcere Ida Del Grosso ha fatto partire un emozionante progetto denominato “Confido”, coordinato dal funzionario giuridico pedagogico Maria Teresa Panasiti.

Il progetto “Confido” consiste in tre iniziative specifiche e dispone di un terreno di circa 1500 metri quadrati.

Lo spazio del carcere di Rebibbia dedicato a “Confido” è diventato una sorta di giardino, con una casetta, tre box e un ampio cortile.

Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

All’interno di questo spazio al momento vivono tre cani fissi e, periodicamente, ne arrivano altri che vengono affidati alle detenute mentre i lori proprietari vanno in vacanza.

CURA DI TRE CANI: CARLOTTA, CHANEL E BUDDY

La prima iniziativa prevede la cura di tre cani che sono Carlotta, di piccola taglia, Chanel, di taglia grande e di colore bianco e Buddy, un Border Collie di cinque anni.

“Il carcere”, racconta commossa una detenuta tedesca, “ha proprio salvato questi animali, perché erano destinati al canile. “Buddy”, prosegue, “è un cane molto vivace, ama giocare a pallone, tiene le ragazze molto attive, perché non gli basta che gli si dia da mangiare, ma esige che ci si occupi di lui. Carlotta è un cane di una certa età, la cui storia ha commosso tutta l’Italia perché è stata trovata sotto le macerie dopo il terremoto dell’Aquila. Era traumatizzata, rimasta sola perché il suo papà adottivo era deceduto, per cui è stata portata nel carcere per essere accudita con particolare attenzione. L’ultimo arrivato è Chanel, che mostra segni di maltrattamento, perché pieno di paure sia verso gli oggetti che verso le persone.

UN’OCCASIONE PER DIMENTICARE I PROPRI PROBLEMI

“Occuparci di questi cani così in difficoltà”, prosegue Carla, una detenuta, “ci ha dato l’occasione di dimenticare i nostri problemi, talmente siamo concentrate sui loro. Vogliamo molto bene a queste bestiole. Tutti noi abbiamo avuto animali nella nostra vita e ovviamente li amiamo. Io mi sono occupata soprattutto di Carlotta, la più vecchietta: era magrissima, non si faceva avvicinare da nessuno ed era completamente traumatizzata. Un po’ alla volta mi sono guadagnata la sua fiducia, l’ho presa in braccio. Così ho scoperto che non aveva più denti. Bisognava prepararle una pappa speciale, morbida, perché non riusciva a masticare le crocchette”.

Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

Carla presto potrà andare “in permesso” e ha cominciato a prendere coscienza che avrebbe dovuto lasciare Carlotta. “Per me è stato un trauma pensare di lasciare questo cane”, racconta lei, “col quale ho lavorato tanto per guadagnarmi la sua fiducia”. Così la detenuta ha parlato con la direttrice del carcere e col comandante della polizia penitenziaria e ha ottenuto l’autorizzazione di prendere in adozione Carlotta quando uscirà in permesso tra alcuni mesi.

UNA PENSIONE MOLTO PARTICOLARE

La seconda iniziativa del progetto “Confido” riguarda la pensione per i cani, dove le operatrici sono le detenute motivate a svolgere volontariamente questo compito. “Svolgere una simile attività ci fa un grande piacere”, precisa Anna, un’altra reclusa, “perché il lavoro è molto divertente. In questo momento abbiamo un cane piccolo che si chiama Nerina che è proprio un terremoto e fa giocare tutti gli altri quattro zampe, anche quelli che sembrano un po’ più sfuggenti. Non appena arriva Nerina giocano tutti, quindi è come se fosse un’animatrice: quando c’è lei porta allegria”. Motivo di soddisfazione per le detenute sta nel fatto che i cani passano diverso tempo felici con loro, non sentendo così la mancanza dei proprietari.

Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

“Quando arriva il giorno della loro partenza”, aggiunge Iris, un’altra detenuta, “succede spesso che sono un po’ triste nel veder andar via i cani, perché sono diventati nostri amici. Va detto, però, che dall’altra parte siamo contente quando vediamo che i nostri amici a quattro zampe hanno una famiglia che li ama e li tratta bene”.

PET THERAPY RIGENERANTE

La terza iniziativa del progetto “Confido” è la pet therapy. Gli operatori competenti nel campo degli “Interventi assistiti con gli animali” (Iaa) sono Flavio Langone, anche educatore cinofilo, con il Pastore Tedesco Sam e il Barbone Spyke dell’associazione “Do re miao” e dell’associazione “Animali in famiglia” che collaborano insieme, Fabrizio Innocenzi, presidente di “Animali in famiglia”, con Stella, simil-Husky e Silvia Cicchinelli con il Golden Retriever Sole dell’associazione “Sole”.

Confido: cinofilia terapeutica al carcere femminile di Rebibbia

Le sedute di pet therapy sono proposte a detenute che possono uscire, scelte dalla direzione. “Flavio”, racconta una detenuta “viene con uno dei suoi cani e ci fa vedere con varie dimostrazioni quanto è abile e furbo. È un ragazzo molto speciale e un addestratore capace. È veramente incredibile constatare quanto siano intelligenti i cani. Per me questa esperienza è stata come ritrovare una famiglia e lo ringrazio di cuore”.

DUCK, IL PITBULL DI GIANNA

Sono solo alcune delle storie di vita che caratterizzano la sezione femminile del carcere di Rebibbia. Gianna, ad esempio, racconta con struggente angoscia del cane dal quale ha dovuto separarsi quando è finita in carcere. Era un Pitbull di nome Duck, di grande dolcezza, adottato all’età di trenta giorni. “L’ho cresciuto come un figlio”, racconta lei. Sicuramente Duck ha sofferto tantissimo, perché avrà pensato che io l’abbia abbandonato. Per fortuna con un permesso speciale sono riuscita a vederlo per un’ora dentro il carcere. Ma poi è mancato e non riesco a descrivere il grande vuoto che ha lasciato dentro di me”.

Emozioni davvero profonde che fanno capire come la presenza di un cane sia in grado di migliorare la nostra qualità di vita in qualsiasi contesto ci si trovi.

La relazione con i cani, infatti, ha cambiato lo stato d’animo e la motivazione delle detenute che si occupano di loro. “All’inizio”, ricorda un’altra reclusa, “solo il pensiero di dover scontare qualche anno in un carcere per me è stato un incubo. Non potevo di certo immaginare che anche qui si può vivere una esistenza soddisfacente e felice. Perché provo un grande piacere e tanta soddisfazione nel lavorare come volontaria cinofila, facendo del bene ai cani e anche ai detenuti che vengono a praticare la pet therapy, aiutando altre persone che hanno più difficoltà”. Evidentemente prendersi cura di un cane vittima di sofferenze è un’esperienza preziosa per far incontrare parti di sé e per poterle elaborare.

Vuoi maggiori informazioni sul progetto “Confido”?

  • Flavio Langone, coadiutore dell’animale ed educatore cinofilo,  con Sam (Pastore Tedesco) e Spyke (Barbone) dell’associazione Do re miao e dell’Associazione Animali in famiglia che collaborano insieme: flaviolangone@libero.it
  • Fabrizio Innocenzi con Stella (cane tipo Husky), presidente di Animali in famiglia: fabrizio@animaliinfamiglia.it
  • Silvia Cicchinelli con Sole (Golden Retriever) dell’Associazione Sole: silviacicchinelli@virgilio.it

Approfondimenti:

Prima di regalare un cane, leggi I cani si adottano, non si regalano: lo spiega Angelo Vaira

La pet therapy, sempre più in uso per situazioni di emergenza e non, dà sempre nuovi argomenti di cui parlare. Leggi La pet therapy funziona anche con i gatti

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