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Bovaro dell’Appenzell

di Maria Paola Gianni

Bovaro dell’Appenzell
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Proviene dalla contrada Svizzera d’Appenzell e ha un cuore grande. Si affeziona incondizionatamente all’uomo, dal quale non vuole mai staccarsi. È un cane molto versatile, da lavoro, da guardia e da compagnia

Vivace, affettuoso, dal carattere molto determinato, sicuro di sé e senza paura, il Bovaro dell’Appenzell è un incorruttibile guardiano. Allegro e recettivo, è leggermente diffidente con gli estranei che tiene alla larga con un inconfondibile e squillante abbaio. È un cane adatto a vivere in famiglia, meglio se con persone giovani e attive. Ha bisogno di un riferimento umano che sia in grado di gestire il suo carattere forte e fiero e che non gli faccia mancare l’opportunità di sfogare le sue energie con delle buone passeggiate. È un cane pieno di temperamento che impara con gioia e felicità i vari comandi e che è felice quando ha la possibilità di sentirsi occupato in varie mansioni, quindi, è facilmente addestrabile. È un ottimo cane da guardia e da difesa e, grazie alla sua rusticità e alla resistenza alle più svariate condizioni meteorologiche, può essere utilizzato come cane da soccorso. Soffre, però, un po’ il caldo.

Bovaro dell’Appenzell
foto allevamento Coccosauri

La sua versatilità è molto spiccata, infatti, in diversi Paesi europei, alcuni soggetti sono impiegati come cani da valanga e da catastrofe. Inoltre, è un quattro zampe che può raggiungere eccellenti risultati anche se indirizzato a discipline sportive come l’agility e l’obedience. L’importante è che abbia un compito da svolgere, il suo passato di cane da lavoro, infatti, non va dimenticato. In più, adora compiacere il suo riferimento umano. Ma che carattere ha il Bovaro dell’Appenzell? “È un cane vivace, coraggioso, determinato, equilibrato e affettuoso, tutte qualità racchiuse in un corpo armonico”, spiega Luisella Montorio, grande esperta di Bovari Svizzeri e titolare dell’allevamento “Coccosauri”. Come spiega l’esperta, il Bovaro dell’Appenzell è un cane sano, frugale, poco esigente sull’alimentazione e piuttosto longevo, può raggiungere facilmente i 13-15 anni di età. Se ben selezionato, generalmente gode di ottima salute e non è colpito da gravi malattie ereditarie, bisogna solo prestare attenzione a non forzare il suo apparato muscolo-scheletrico nei primi mesi di vita, evitando sforzi prolungati, salti e scale, almeno fino al primo anno.

Un pregio”, continua Luisella Montorio, “è l’affetto estremo verso la sua famiglia che adora, è un cane che parla con gli occhi. Questo affetto estremo, se vogliamo, può diventare il suo difetto, vale a dire una certa appiccicosità, come fosse un francobollo, proprio verso la famiglia tanto amata. Per questo non va lasciato da solo, detesta la solitudine. E visto che è un cane che ama molto il contatto umano e partecipare alla vita familiare, è adatto a vivere in appartamento, basta che non gli si neghino delle belle passeggiate per sfogare le sue energie. Un tempo, la regione d’origine della razza era la contrada d’Appenzell. Oggi è allevato in tutta la Svizzera e anche in diversi Paesi europei. È un cane molto apprezzato, benché, comunque, ancora poco allevato in Italia. Va detto, infine, che non è un cane che va relegato in isolamento in giardino.

Bovaro dell’Appenzell
foto allevamento Coccosauri

Fin dalla metà dell’800

Il primo scritto sul Bovaro dell’Appenzell risale al 1853, nel libro “Tierleben des Alpenwelt” (la vita degli animali sulle Alpi), nel quale è descritto come “un bovaro pluricolore dal pelo corto, di taglia media, dalla voce limpida. Utilizzato sia per la guardia alle fattorie che per radunare le greggi”. Nel 1895, il capo delle guardie forestali Max Sieber, uno dei grandi promotori della razza, chiese alla Società cinologica svizzera – Scs di salvaguardare la razza. Nel 1906 nacque il “Club svizzero del bovaro dell’Appenzell”. Mentre il primo standard di razza fu stilato nel 1914 a cura del professor Albert Heim, grande estimatore di Bovari Svizzere e quindi anche all’Appenzell.

Bovaro dell’Appenzell
foto allevamento Coccosauri

Articolo pubblicato su Quattro Zampe giugno 2020

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