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Basta cani aggressivi

di Angelo Vaira

basta cani aggressivi

Il protagonista del mese è Duke, un Boxer di 7 anni adottato da Marzia quando era un cucciolo di soli sei mesi. Li ho incontrati al parco pochi minuti prima di girare il video che accompagna la rubrica ThinkDog di aprile anche nella versione digitale. Non li avevo mai visti prima. Desideravo mostrare qualcosa di genuino, di reale, di non “preconfezionato”. Volevo emergessero le reazioni e le reali difficoltà di Duke e Marzia. Certamente è più difficile lavorare in questo modo, ma lo avevo già sperimentato in occasione delle dirette per il programma di Rai 2 “I Fatti Vostri”, per cui è una cosa con la quale ormai mi sento a mio agio e so che avrebbe consentito di far dire a tanti: “è possibile”, “si può fare”, “un cane può cambiare un comportamento così ostile, così radicato nel tempo, in poche decine di minuti”.

Basta cani aggressivi
L’aggressività fra maschi. Le forme di aggressione sono diverse. Per esempio intraspecifica (tra cani) e interspecifica (fra cane ed esseri umani), predatoria, offensiva e difensiva. In particolare, l’aggressione intrasessuale (cane dello stesso sesso) è la forma più studiata e sulla cui base gli etologi hanno costruito i loro modelli motivazionali dell’aggressività.

L’aggressività interspecifica e il caso di Duke. Ecco come fare per aiutare il nostro amico a quattro zampe a non considerare più i suoi consimili come “minacce”.

Rapidità dei risultati, certezza di risultati generativi nel cane.

L’approccio cognitivo-relazionale (il polo opposto del coercitivo) necessita di tempi più lunghi per arrivare al risultato sperato, al cambiamento dell’atteggiamento del cane, alla correzione del disagio? Non è vero, semmai il contrario e volevo dimostrarlo.

Forza e violenza danneggiano il cane, rallentano i risultati e complicano le cose.

Se non ti limiti semplicemente a premiare il cane quando fa la cosa giusta, ma vai a fondo e sai come lavorare con emozioni, aspettative, convinzioni, bisogni motivazioni, capacità, allora i risultati sono maggiori, più rapidi e più duraturi nel tempo. Non sono solo duraturi, sono “generativi”: cane e proprietario avranno intrapreso un cammino di scoperta che li porterà a migliorarsi a vicenda, a entrare in connessione, nonostante tu non ci sia più. Ed ecco uno dei principi del mio metodo: arrivare a non esserci. Non creare una dipendenza, ma far sì che il cane e la sua famiglia sappiano, un giorno, camminare con le proprie gambe, in autonomia e continuare insieme a evolvere.

E addirittura parziali…

Duke può dare molto, molto di più. Sebbene ciò che abbiamo ottenuto in dieci minuti e che potrete vedere nel video, a Marzia paia straordinario, in verità è probabile che non sia sufficiente a “cambiarle la vita”.

Non si tratta solo di evitare la rissa in strada, al solo avvicinarsi di un altro cane: l’obiettivo è che Duke cambi considerazione degli altri cani, che non li veda più come ‘minacce’.

Per fare questo dovrà sviluppare nuove competenze, sociali, ad esempio, come una comunicazione migliore, emotive, cognitive, come una maggiore flessibilità mentale.

Si dovrà lavorare con lui perché scopra una maggiore gamma di comportamenti disponibili in presenza di altri cani: invece di abbaiare, si possono usare “segnali calmanti” (speciali segnali che servono a prevenire o mitigare l’intensità dei conflitti e che hanno l’effetto di calmare sé stessi e gli altri), si può evitare il conflitto, conoscere l’altro, ecc. Fino ad arrivare a fare acquisire a Duke la capacità di “scelta” su quale sia il comportamento più adeguato alla situazione. Mi sono, quindi, raccomandato che Duke continuasse con un percorso, insieme a un esperto.

Ogni cane è un individuo unico e irripetibile.

Certamente molti cani, con lo stesso disagio di Duke, potranno beneficiare della medesima procedura. Ma non aspettarti che basti ripetere tutto col tuo cane e tutto andrà a meraviglia. Può darsi. Ma può anche darsi di no. Spesso abbiamo l’idea di dover adattare il caso alle nostre idee preconcette di “cosa bisogna fare in questi casi”. Grosso errore! Sono le nostre idee che devono adattarsi. Siamo noi che dobbiamo adattarci.

Ogni cane è diverso e, quindi, altri cani necessiteranno di tempi, modalità e tecniche diverse.

A volte noi professionisti ci ostiniamo a studiare i “protocolli”: cosa fare con un cane aggressivo o magari pauroso. La differenza sostanziale non è nei protocolli, è nella persona: quest’ultima crea la relazione.

Non solo ogni cane è unico e irripetibile, ma ogni istante con un cane è unico e irripetibile.

In ogni momento il cane fa qualcosa in risposta a ciò che noi facciamo in risposta a ciò che lui fa.

Direzione dello sguardo, inclinazione della testa, espressione del volto, distanza, flessione degli arti, respirazione, rapidità dei movimenti, traiettorie, sono alcuni degli elementi del “flusso” che collega noi a lui.

Le basi del metodo.

Il cane è un’entità cognitiva complessa. Ha una ricca vita emozionale, sociale e affettiva. Ha aspettative, sentimenti, bisogni, motivazioni profonde.

Non è una macchina che risponde a comandi, né un militare sottomesso in gerarchia, né un bambino indifeso da mettere sotto una campana di vetro. Ha potenzialità incredibili e il nostro compito è quello di portarle alla luce.

La pettorina.

In questo caso ho usato quella ad H, agganciata davanti:

  1. È più delicata, ma consente di avere più forza rispetto al collare, anche quello a strangolo (che personalmente non uso più da venti anni).
  2. Consente di avere più forza rispetto alla pettorina agganciata normalmente.

 L’aggancio davanti è provvisorio.

Questa è una fase di transizione. Lo si usa così fin tanto che il cane non cambi la convinzione: “se tiro riesco ad andare dove voglio”, in “per quanto io tiri non riesco a ottenere nulla, Marzia rimane lì dov’è, e allora è inutile che mi sforzi tanto”. Unita al cambio di convinzione: “gli altri cani non sono una minaccia”. In genere ci vogliono poche settimane per questo passaggio. C’è chi mi chiede: perché questo passaggio? Non posso continuare a usare la pettorina agganciata davanti? Lo sconsiglio perché se la pettorina è agganciata dietro, sulla schiena, la trazione favorisce una migliore reazione della colonna. È ancor più salutare.

Basta cani aggressivi
L’aggressività parte “da dentro”. Se vogliamo fare un bel lavoro col cane, a poco serve inibire il comportamento aggressivo con le punizioni: finché non cambia il suo stato interno e ciò che lo innesca (motivazioni, emozioni, capacità, convinzioni) non otterremo una diminuzione di aggressività. Perché il cambiamento interno avvenga, è necessario
modificare ciò che il cane pensa degli altri cani.

No bocconcini, no palline, no strattoni, no collare a strangolo.

Non ho usato cibo in questo lavoro. Ho voluto dimostrare come il cibo non sia fondamentale e come si possa lavorare senza bocconcini, senza pallina, senza strattoni, senza collare. Pettorina e guinzaglio lungo sono gli unici strumenti, uniti alla “connessione emotiva”. Lavoro anche con i cani completamente liberi. Per esempio, nelle classi di socializzazione. Con questo non voglio demonizzare il bocconcino che, anzi, può essere un’opzione intelligente. Ma dovrebbe essere usato “per oliare le ruote, non per spingere il carro”. Il cibo è un’opzione, non una necessità. Ma di certo un educatore cinofilo deve imparare a usarlo, pena l’avere uno strumento in meno nella propria “tool box” ed è per questo che ne insegno l’utilizzo nella mia scuola.

Empatia è sentirsi sentiti”.

Le tue, quelle del cane, quelle di chi vi è attorno. Questo consente la connessione emotiva. La quale ti farà “sentire” cosa prova il cane e ti farà fare le scelte giuste. Come dice lo psichiatra e scrittore Daniel J. Siegel, “Empatia è sentirsi sentiti”. E anche il cane ha necessità di mettersi in contatto con le proprie emozioni. Dobbiamo, infatti, abilmente costruire una situazione nella quale il cane si trovi a contatto con emozioni che possa gestire. La situazione deve essere adeguata alle sue capacità. Deve esserci una certa sfida, ma non così grande da non poter essere superata.

Le chiavi sono:

  • la distanza dall’altro cane
  • la tua posizione: ti poni dietro il cane, tra lui e l’altro, al suo fianco, guardi verso di lui o verso l’altro cane? Non c’è una posizione giusta, dipende da ciò che accade in quel momento
  • il tuo modo di muoverti: sii sincrono, devi rispondere con movimenti che abbiano lo stesso tempismo del tuo cane.

L’obiettivo è ottenere che il cane abbia le solite emozioni negative, ma di piccola o media intensità, così che riesca a gestirle, riconoscerle e produrre alternative, “da solo”.

È dal cane stesso che comincia il cambiamento.

Quel “da solo” è importantissimo! Non siamo noi che diciamo al cane ciò che deve fare. Non gli diciamo di curvare, stare zitto, sedersi, guardarci. Non gli diciamo “no”. È lui che genera la risposta più adeguata alla situazione. La sceglie lui. Se si è connessi, se lo si mette in una situazione adeguata alle sue capacità, sarà la risposta giusta. Potrà annusare per terra, girarsi, sospirare, guardare noi e o rilassarsi. Se la risposta è ancora minacciosa o aggressiva, allora abbiamo sbagliato con i parametri appena spiegati. Seguendo questo principio saremo passati dall’obbedienza al cane “libero”, che si comporta adeguatamente in ogni situazione senza un umano che gli dica sempre quello che deve fare. Seduto! Terra! Resta! Piede! Fermo!… Queste cose vanno bene nello sport e nella vita di tutti i giorni solo se ce n’è necessità. Se siamo costretti a dire costantemente al cane quello che deve fare, a parer mio, abbiamo sbagliato qualcosa nella sua educazione, anche se l’addestramento risulta perfetto.

Indirizzario web:

Angelo Vaira, Dog Coach www.angelovaira.itwww.thinkdog.it

Approfondimenti:

Il profilo emozionale è fondamentale per determinare il carattere del cane. Leggi L’importanza delle emozioni del cane

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