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I cani di Lampedusa: Il cuore ha 4 zampe Onlus

di Redazione Quattrozampe

I cani di Lampedusa: Il cuore ha 4 zampe Onlus

È stato (un) Angelo a darmi il primo benvenuto sull’isola di Lampedusa, dove ero giunta lo scorso dicembre per preparare dei servizi sui profughi. In attesa del primo appuntamento per un’intervista mi ero incamminata lungo via Roma, la via principale del centro storico, ed eccomi venire incontro un bellissimo cane dal pelo color crema. Si ferma davanti a me, mi guarda negli occhi e io lo accarezzo facendogli capire che ho intenzione di seguirlo. Proseguiamo insieme e, giunti a un incrocio, attraversa la strada con passo rapido per poi fermarsi. Capisco che è lì che mi vuole portare, per condurmi dai compagni del suo rione che stanno sonnecchiando pacifici al sole: sono i fratelli Lea e Leo e il loro amico Nero, un cagnolone scuro già anziano. Più avanti verrò a sapere che i tre cani hanno una proprietaria, ma trascorrono le giornate liberi, con una preferenza per questo tratto della zona pedonale di via Roma. Il mio cane guida, intanto, si è accomodato davanti all’ingresso di un negozio. I tiepidi raggi di sole si posano sul suo pelo morbido e anche su alcune panchine, occupate da isolani in pensione che si scambiano quattro chiacchiere.

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Angelo investito

Ogni tanto, quando il rumore della strada accanto si fa assordante, i cani scattano per inseguire i veicoli più rumorosi. Gli corrono paurosamente accanto e li inseguono abbaiando. Provo ogni volta un tuffo al cuore per il timore che possano finire fra le ruote. E infatti, all’improvviso, si sente un forte guaito. Trattengo il respiro e tutti gli sguardi sono puntati su di lui: Angelo, come lo chiamano tutti, il mio cane guida che ritorna zoppicante e dolorante. Non riesce più ad appoggiare a terra una zampa anteriore e si guarda intorno disperato. Corriamo in suo aiuto per confortarlo e alcuni dei ragazzi accorsi tirano subito fuori i loro telefonini. Dall’altro angolo della strada un gruppo di persone lancia qualche insulto al cane e uno dei ragazzi accanto a me replica ad alta voce “Cani e cristiani si aiutano!”. Mentre si ipotizza sulla gravità della ferita, sento dire da più voci: “Chiamiamo Maria, è un angelo”. Tutti annuiscono e dopo essersi accertati che lei verrà, giusto il tempo di saltare sul motorino, le persone accorse se ne vanno per dedicarsi ai rispettivi impegni. Io resto accanto ad Angelo per attendere Maria, che arriva in un battibaleno. Al vedermi si scusa di non avere neanche avuto il tempo di pettinarsi mentre sopraggiungono anche Ila e Danilo Taralli, due fotografi provenienti dal nord Italia che vivono sull’isola da una decina d’anni. Maria suggerisce di procurare prima di tutto un antidolorifico e Danilo scatta subito per correre in farmacia. Torna portando anche dei bocconcini gustosi in cui incorporare i medicinali. Decidiamo di prendere un caffè insieme e, nonostante il triste episodio, quest’incontro mi rincuora.

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Volontari straordinari

Sono loro, infatti, alcuni degli straordinari volontari che su questa piccolissima isola si prendono cura giorno e notte dei numerosissimi cani di strada. La pianificazione che seguirà dopo l’incidente denota la routine e un’organizzazione impeccabile: nei giorni successivi, infatti, Danilo continuerà a somministrare le pastiglie ad Angelo inviando messaggi tramite WhatsApp agli altri volontari, con tanto di foto quotidiane del cane corredate della descrizione del suo stato di salute. Durante la mia permanenza a Lampedusa ho avuto modo di osservare quotidianamente l’affiatamento e la complicità fra queste persone che pagano anche di tasca loro i medicinali e la maggior parte del cibo per i cani di strada e si avvisano subito a vicenda nei casi d’emergenza. Nessun animale viene abbandonato a sé stesso. Non appena si trovano dei bocconi avvelenati ne vengono postate immediatamente le foto, comunicando la zona esatta del ritrovamento. Quando mancano all’appello dei cani si parte alla loro ricerca, che può protrarsi anche per giorni se necessario. Le notizie importanti vengono comunicate anche attraverso radio Delta, la radio locale che aiuta i volontari diffondendone le informazioni urgenti.

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I quindici cani e i sette gatti di Maria

Quando l’abbaiare dei cani si trasforma in un vero e proprio concerto significa che ci si sta avvicinando alla casa di Maria Sanguedolce. Vive con una quindicina di cani fra i quali mi salta subito all’occhio Stellina. La cagnolina dalle grandi orecchie a punta, tipiche della razza siciliana del Cirneco dell’Etna, ha uno sguardo irresistibile che rivela le tristi esperienze vissute. Il suo corpo era disseminato di decine di pallini, scaricati su di lei da un cacciatore. Non si è riusciti a estrarli tutti e ancora oggi Maria deve medicare regolarmente alcuni punti del corpo di Stellina. Mi sento proprio felice in mezzo ai cani di ogni età, colore e dimensione e anche ai sette gatti. Quando il trambusto canino li disturba, approfittano delle loro capacità feline per svignarsela, saltando il più in alto possibile o infilandosi in apposite fessure intagliate nelle porte. “Ho sempre avuto cani. A sedici anni ne avevo già quattro tutti miei, mentre mia madre si disperava. Appena ne vedevo uno per strada correvo ad accarezzarlo!”. Maria mi racconta che in passato i maltrattamenti contro i cani erano all’ordine del giorno. “Ancora oggi c’è chi prende a calci i cani stesi davanti ai negozi. Noi volontari cerchiamo di far capire a queste persone che non approviamo il loro comportamento. Ormai, quando ci vedono, sanno che ci occupiamo dei cani. Fra i negozianti nel frattempo c’è anche chi gli mette un secchio pieno di acqua fuori del negozio, ma non tutti li accettano nelle vicinanze del loro ingresso”.

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Max picchiato a morte e poi rinato

Fra i cani di Maria c’è anche Max, che somiglia moltissimo a suo fratello, che ho visto giocare con alcuni migranti lungo via Roma. A vederlo così maestoso, con il pelo lucente nero, stento a credere ai miei occhi quando Maria mi mostra delle foto raccapriccianti sul suo telefonino. È proprio lui, irriconoscibile, fotografato così come l’ha trovato sul ciglio di una strada. Era completamente insanguinato, con la bava alla bocca, dopo essere stato picchiato da cinque ragazzi e abbandonato moribondo. “Quando l’ho trovato me lo sono subito portato a casa. Non lo si riusciva a toccare, così l’ho chiuso per tre giorni in uno stanzino, affinché potesse riprendersi in pace. Una volta guarito l’ho riportato in via Roma. Ma un giorno me lo sono ritrovato davanti al mio cancello, era tornato da solo!”. Maria ha preso con sé anche la sorella di Max e chissà che non finisca per accogliere anche il terzo fratello che vaga ancora in via Roma, come cane di strada. Tutti e tre si assomigliano moltissimo e colpiscono per la loro bellezza.

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Emergenza cibo ed esche avvelenate

Maria avrebbe bisogno di coperte, pettorine e guinzagli “per passeggiare con qualcuno dei cani in estate in via Roma, nella speranza di trovare qualche turista che li adotti”, mi confessa sorridendo. Ma la sua preoccupazione maggiore è il cibo. Mentre chiacchieriamo mi mostra il sacco di croccantini di solo venti chili che le passa il comune una volta la settimana. È impossibile sfamare talmente tanti cani con questa quantità di cibo. “A volte mi tocca andare a ricordarglielo, quando si dimenticano di darmelo. Se arriva qualche obiezione gli rispondo di riprendersi i cani. In fondo glieli ho portati via dalla strada!”. L’inverno è il periodo più difficile per i cani e per chi se ne occupa, per molte ragioni. Mentre d’estate Maria ogni tanto trova un sacco di croccantini appoggiato da qualche turista accanto al suo cancello, d’inverno deve andare in giro per i negozi, per chiedere qualche osso da poter cuocere insieme alla pasta. Ci sono giorni in cui non rimane altro che “restare a dieta”, ma anche questi giorni passano. L’inverno è anche molto temuto per le esche avvelenate sparse per l’isola. Gli avvelenamenti si fanno più frequenti soprattutto nei mesi che precedono la stagione turistica. È un metodo barbaro con cui alcuni individui intendono ridurre il numero dei cani di strada, tra l’altro assolutamente pacifici, in vista del grande afflusso di turisti in estate.

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I cani della spiaggia guitgia

Fra le magnifiche spiagge dell’isola, c’è quella della Guitgia, vicino al centro abitato. Da circa quattro anni vi risiede la colonia canina composta da Olivia, Zoe, Aaron, Mammi, Micky “Blue eyes”, Zampettina e Clarabella (quest’ultima, purtroppo, è scomparsa nel nulla mentre scrivo questo articolo. Nonostante le ricerche interminabili da parte di tanti volontari, non è stata più trovata). Quando giungo alla spiaggia meravigliosamente deserta, alcuni di loro sonnecchiano al sole, proseguendo impassibili il loro riposo mentre mi avvicino alle uniche tre persone presenti. Bastano poche parole per capire che sono fra coloro che si prendono cura dei cani. C’è Maxine Cambal, una londinese trasferitasi sull’isola col marito tanti anni fa. Vivono nelle vicinanze della spiaggia insieme ai loro sette cani e sette gatti. Maxine viene ogni giorno alla Guitgia per i cani; in inverno dà loro acqua e cibo, in primavera, estate e autunno a portare l’acqua sono Giuditta, un’altra volontaria, e Rosy Mainardi, seduta sulla sdraio accanto a lei. Da oltre vent’anni Rosy vive quasi sempre sull’isola e mi racconta subito le storie dei singoli cani con un entusiasmo che denota il grande amore che nutre per loro. Ora, con la spiaggia pressoché deserta, si fa fatica a immaginare che d’estate sia tappezzata di sdraio. Chi gestisce gli stabilimenti non vede di buon occhio i cani, per questo motivo i volontari li fanno spostare, portando acqua e cibo nelle zone più tranquille e riparate, a ridosso della spiaggia. “L’isola è piccola e i cani sono grandi”, afferma Antonio Ciabattoni, seduto sulla sdraio accanto a Rosy. Anche lui trascorre lunghi periodi dell’anno a Lampedusa, dopo essersene innamorato decenni fa. “La gente qui predilige i cani di razza, come i Pastori Tedeschi, i Leonberger, i Cani Corsi, i Pit bull e via dicendo. Non li fa sterilizzare e/o li abbandona … ed ecco qua il risultato!”.

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Le due Francesche

Fra gli altri volontari che si occupano della colonia canina della Guitgia e di altri branchi sparsi nelle varie zone dell’isola ci sono anche “le due Francesche”, incontrate in seguito in via Roma. “La nostra battaglia è dura, perché ci troviamo in una terra in cui gli animali vengono ancora avvelenati o fatti sparire, perché la loro vita non vale nulla”, mi racconta Francesca Signorelli, originaria di Bergamo e trasferitasi sull’isola sedici anni fa. “Ma noi continueremo a combattere affinché su quest’isola si dia valore a tutti i suoi abitanti rispettandone i loro diritti”. Parole chiare, come quelle di Francesca Matina, lampedusana. Anni fa, dopo essersi innamorata di Pietrino, un cane di strada che finirà per adottare, ha cominciato a confrontarsi con la triste realtà dei cani vaganti decidendo di aiutarli. “Il cibo non bastava”, mi racconta, “finché un bel giorno mio marito, che è un militare, mi parla della quantità di avanzi quotidiani alla mensa dell’aeronautica. Così ho cominciato ad andare a prendere ogni giorno un sacco con il cibo per distribuirlo ai cani”. Anche il marito l’aiuta e quando il sacco è troppo pesante fanno il giro insieme. La quantità degli avanzi varia e quando non basta viene integrata con i croccantini per non lasciare mai a digiuno nessun cane. “Gli amici a quattro zampe mi hanno fatto conoscere persone meravigliose, ma ho conosciuto anche una Lampedusa che non avrei mai immaginato. Di questo mi vergogno”.

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Adozioni

Camminando lungo il tratto di zona pedonale di via Roma, passo ogni giorno accanto a uno stand sulla cui parte inferiore spiccano le foto di alcuni cani e una scritta sullo sfondo rosso con il logo di dell’associazione “Il cuore ha 4 zampe”. Ora lo stand è vuoto, ma d’estate ci si trova sempre Veronica Bottino. Lei viene da Roma e dieci anni fa si è trasferita sull’isola col compagno. Insieme hanno messo su un centro subacqueo. L’isola la conosce da quando è nata e già da ragazzina, durante le vacanze estive, aiutava come volontaria presso il vecchio rifugio Pinocchio. Era un canile fondato da Paola Pizziconi, una signora che ne sosteneva anche le spese e lo portava avanti con l’aiuto di volontari, fra cui anche Maria. “All’epoca”, racconta Veronica, “non c’erano né sterilizzazioni né veterinari, quindi era difficilissimo gestire il tutto. Il numero dei cani era in continuo aumento. Per le sterilizzazioni si assisteva a scenari di guerra, con il veterinario venuto in vacanza che operava gli animali in cucina”. Trasferitasi sull’isola col compagno, cominciano subito ad aiutare regolarmente i cani. “All’inizio abitavamo in affitto nella zona del porto vecchio e gestivamo i cani della zona, dando loro del cibo e curandoli con le medicine se ne avevano bisogno.”

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Avvelenamento di massa

Il 3 agosto del 2009 segna una svolta nella loro vita: un grande avvelenamento di massa causò la morte di 16 cani. Quella sera Veronica e il suo compagno erano usciti a fare una passeggiata insieme ai loro due cani che al ritorno furono colti da attacchi epilettici. Veronica, che ha studiato veterinaria, aveva riconosciuto subito i sintomi dovuti all’avvelenamento per stricnina. Nonostante fossero corsi immediatamente all’ospedale, non gli fu consegnato il farmaco necessario e i cani morirono lì, davanti all’ospedale. All’epoca non c’era ancora il dovere di soccorrere i cani. Tornati sulla spiaggia trovarono 14 cani morti. Si salvò solo una cagna che hanno chiamato Miseria e vive ancora con loro. “Che il tutto fosse organizzato lo si deduce anche dal fatto che la mattina seguente, dopo essere andati a seppellire i nostri due cani, al ritorno trovammo la spiaggia pulitissima, senza una traccia dell’accaduto. I cadaveri dei cani furono ritrovati solo tempo dopo, buttati in alcune cave”.

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La onlus “Il cuore ha 4 zampe”

Dopo questo avvenimento decisero di fondare una propria associazione. Da tre anni è diventata una onlus che hanno chiamato “Il cuore ha 4 zampe”. Il numero dei cani era diventato tale da non riuscire più a mantenerli, fra cure e cibo e senza il minimo aiuto da parte del comune. “Ci occupiamo di adozioni”, spiega Veronica, “in questi anni siamo riusciti a far adottare ben 300 cani. Al momento ne abbiamo trenta, il numero, però, varia continuamente. Fra loro ci sono anche cani disabili, anziani, ciechi, alcuni non facili da gestire. Li ospitiamo a casa mia e in casa di un mio collaboratore”. Da Veronica i cani vivono in casa e su duemila metri di spazio, tutti insieme e liberi. I cani da dare in adozione sono abituati a vivere in famiglia, con bambini, con altri animali, anche con i gatti, sono molto tranquilli ed equilibrati. “Purtroppo le adozioni avvengono solo in estate, quando arrivano i turisti. Tutti i giorni mi occupo dello stand dell’associazione e ci porto i cuccioli e i cani adulti. In estate c’è il grande vantaggio che il turista, restando un po’ di tempo sull’isola, ha la possibilità di conoscere meglio il cane. I cuccioli si riescono a far adottare facilmente. Ovviamente seguono i controlli post affido, perché i cani sono come figli, devo sapere dove vanno a finire e come vivono una volta adottati. Per i cani adulti le adozioni sono più rare”. Anche per Veronica mantenere una trentina di cani fissi oltre che aiutare i cani vaganti è un’impresa ardua che necessita di molto denaro. “Non voglio chiedere una somma fissa a chi desidera aiutare l’associazione, ognuno dia quello che può e vuole. Cerchiamo di sopravvivere con le donazioni estive, ma non si riesce mai a coprire un anno intero. Ci sono anche cani malati, molti di loro sono affetti da leishmania e altri hanno bisogno della fisioterapia”.

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Sterilizzazioni e gravi mancanze del comune di Lampedusa

Ascoltando Veronica, Maria e gli altri volontari e osservandoli nel loro impegno quotidiano per i cani dell’isola ci s’immerge in una realtà in cui si alternano continuamente le gioie e la disperazione. È una lotta contro i mulini a vento, anche perché chi dovrebbe svolgere determinati compiti per legge e competenza sembra ignorare i propri doveri e le richieste dei volontari. Un esempio: l’amministrazione comunale di Lampedusa, responsabile istituzionale del randagismo sul territorio, non ha dato alcuna spiegazione per la mancata seconda sterilizzazione annuale dei cani, che avrebbe dovuto svolgersi nel settembre del 2017. Il progetto che prevedeva due sterilizzazioni annuali sull’isola era cominciato nel 2012 e aveva riscosso un notevole successo. L’Asp di Palermo, il distretto sanitario di cui fa parte il comune di Lampedusa, aveva portato tutta l’attrezzatura necessaria per mettere su una vera e propria clinica veterinaria temporanea in una struttura messa a disposizione dalla Forestale di Lampedusa. Il dottor Francesco Francaviglia e i suoi colleghi avevano svolto un lavoro prezioso, aiutati giorno e notte dai volontari che segnalavano i luoghi in cui erano presenti i randagi e li aiutavano a catturarli. Dopodiché seguivano l’identificazione tramite microchip, la registrazione all’anagrafe canina del comune di Lampedusa e i prelievi ematici. In seguito i cani venivano riportati nel territorio in cui erano soliti vivere. Anche quelli che avevano i proprietari potevano venire sterilizzati e microchippati nell’ambito di questo progetto. La regolarità delle sterilizzazioni è essenziale per contenere l’aumento dei cani di strada. Nella seconda metà del 2017 se ne sarebbero dovuti sterilizzare ancora 75. È un numero relativamente basso rispetto alle centinaia sterilizzate nel corso dei cinque anni, ma altissimo considerate le nascite che ne risulteranno. Servirebbe un censimento di tutti i cani, nonché l’obbligo di sterilizzazione dei cani che hanno proprietari e vengono lasciati liberi di vagare sul territorio. Purtroppo tutto ciò non avviene e chi di dovere non sembra essere intenzionato a far rispettare le leggi a coloro che le ignorano. Risolvere il problema dei cani di strada con il loro trasferimento in un canile di Agrigento è un’opzione inaccettabile per chiunque ami gli animali. Questi canili, vale a dire lager, sono luoghi di sofferenza dai quali i cani non escono più.

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Il sogno di un rifugio sull’isola

Perché non si è costruito un canile sull’isola? Esisterebbero persino i volontari che potrebbero occuparsene alternandosi al lavoro. Come risposta alle ripetute richieste scritte al Comune da parte dei volontari, si è spiegato che sarebbe necessaria una zona adibita alla costruzione di canili, lontana dal centro abitato per i rumori, gli odori ecc. “Ma questa zona non esiste, perché sull’isola non esiste un piano regolatore. Qui non vi è nulla di regolare, eccetto la parte antica dell’isola”, mi spiega Veronica. “Inoltre metà dell’isola appartiene alla Forestale, quindi non è edificabile. Ormai, senza un piano regolatore, non ci speriamo più”. La sera prima della mia partenza ci s’incontra un’ultima volta al Bar Royal, vicino al quale si stendono sempre Angelo, Lea, Leo, Nero e qualche altro cane della zona. Fuori piove e Lea decide di mettersi al riparo sotto uno dei tavolini all’interno del locale. Ci si scambia qualche ultima informazione poi saluto tutti promettendo che scriverò di loro e dei cani di Lampedusa. Danilo mi saluta con queste ultime parole: “Conosco tutta l’isola perché in estate, quando sono in giro con il gommone per fotografare, ne osservo ogni lembo di terra dal mare. Un giorno ho visto tre cani, anzi, erano tre scheletri vaganti, in una zona dove non arriva mai nessuno”. Mentre racconta i suoi occhi si riempiono di lacrime. “Sai cosa vorrei poter fare un giorno? Mi piacerebbe fotografare i cani dell’isola, proprio tutti. Per potere dare un volto e una dignità a ciascuno di questi angeli di Lampedusa”. Torno all’appartamento quando ormai si è fatto buio, accompagnata da Lea, per la quale compro ancora dei biscottini in un supermercato lungo la via. Le gocce di pioggia sul mio viso si confondono con le lacrime che non riesco a reprimere. Da allora non ho mai smesso di pensare alle parole di Danilo, nella speranza che riesca a realizzare davvero questo suo desiderio …

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Per chi vuole aiutare…

Chi desidera dare una mano può farlo in tanti modi: con donazioni, adozioni a distanza, cibo, medicinali ecc. Anche il sostegno morale è un aiuto prezioso, condividendo ad esempio gli appelli e seguendo i post sulle pagine Facebook.

I cani di Lampedusa: si può seguire la realtà quotidiana legata ai cani dell’isola, il lavoro dei volontari, le emergenze, gli appelli e tanto altro. Per aiutare Maria Sanguedolce e i suoi cani e gatti o i volontari che si occupano dei cani di strada di Lampedusa inviare un messaggio a Rachele Z. Cecchini, autrice del servizio, che inoltrerà i messaggi ai diretti interessati.
www.ilcuoreha4zampeonlus.org

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Foto e testo di Rachele Z. Cecchini

 

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