Le qualità dell’educatore cinofilo
Ce le spiega Roberto Marchesini
Etologo, filosofo e Direttore di Siua, Scuola di Interazione Uomo-Animale, istituto formativo leader da oltre vent’anni nel campo dell’educazione e istruzione cinofila.
La figura dell’educatore cinofilo rappresenta sempre di più un importante riferimento o presidio a cui si richiedono le informazioni di base per impostare correttamente il proprio rapporto con il cane.
Non si tratta di “educare il cane”… e basta
Ecco il motivo per cui l’educazione cinofila non può essere semplicemente considerata quale educazione del cane, giacché in realtàè la coppia o la sistemica familiare nel suo insieme a crescere e a vivere una profonda metamorfosi del vissuto. Ciò significa che se è indubbio che un educatore cinofilo debba saper interagire e lavorare con il cane e parimenti possedere una consistente conoscenza dei connotati etologici e dei bisogni del cane o delle propensioni di razza (al fine di saperli trasmettere con proprietà al partner umano, mitigando aspettative improprie e guidandolo nella costruzione di un rapporto adeguato) è altresì evidente che senza una altrettanto corposa consapevolezza del proprio ruolo di educatore, e quindi di consulente di relazione, non sarà in grado di assolvere in pienezza il compito che gli viene richiesto.
Il ruolo intellettuale dell’educatore
Nella mia esperienza di insegnamento ho pertanto capito che non è sufficiente dare conoscenze di cinologia all’aspirante educatore cinofilo né basta circoscrivere le competenze consulenziali attraverso tecniche di marketing, di comunicazione efficace, di modalità persuasive o di compliance. Esistono delle qualità umane e professionali che vanno esplicitate per essere poi trasmesse nel modo opportuno facilitandone l’interiorizzazione, che ovviamente avverrà secondo tempi e modi differenti da persona a persona. Prima di tutto occorre rimarcare che, in qualità di referente o punto di riferimento nel rapporto tra la persona e il cane, l’educatore svolge un ruolo intellettuale che va compreso nei suoi minimi termini. Questo significa che tra le qualità più importanti che devono sostenere la sua attività vanno ricordate:
- a) l’umiltà socratica, quel so di non-sapere che non significa ignorare ma aver piena consapevolezza della complessità della materia;
- b) la curiosità verso il proprio ambito di interesse-lavoro, che significa il costante desiderio di approfondire e di tenersi aggiornati;
- c) l’apertura al confronto e al dialogo con chi esprime idee o modelli interpretativi differenti, evitando atteggiamenti dogmatici o settari che sono il contrario dello spirito scientifico;
- d) la fermezza e la consapevolezza nei propri convincimenti che si manifesta prima di tutto nell’aver chiari i presupposti teorici e le modalità applicative, portandoli avanti con esempi concreti e chiarezza esposizione e non cadendo mai nel tranello di sparlare, diffamare o ingiuriare eventuali controparti.
Dal saper ascoltare alle buone maniere
Un educatore dev’essere prima di tutto un modello, la sua trasmissione pertanto non passa in via preferenziale in quello che dice ma in quello che fa e nel modo in cui si relaziona agli altri. Non è credibile una dichiarazione ideologica di non-violenza espressa con atteggiamenti violenti, solo per fare un esempio. L’esemplarità si estrinseca attraverso uno stile complessivo che va dalla capacità di ascolto attivo alle più semplici, ma tutt’altro che secondarie, buone maniere: come, per esempio, il raccogliere le deiezioni del proprio cane, il prevenire situazioni problematiche o distruttive e l’assumersi la responsabilità di atti o processi in essere.
Sostenere e facilitare un processo di crescita
Ovvio che non si può pretendere di insegnare la corretta relazione con il cane se il professionista per primo è carente in tal senso. Esemplare è colui che si è posto il problema di cosa sta trasmettendo il proprio stile e ha lavorato su stesso per costruire una coerenza tra questo e il dettato professionale assunto. L’educazione è disciplina, vale a dire sostenere, facilitare e indirizzare un processo di crescita, evitando sia l’inibire che l’assecondare l’espressione del soggetto evolutivo. In tal senso un educatore deve aver chiaro cosa voglia dire tale facilitazione di indirizzo, l’incanalare le doti del soggetto per farne delle virtù e il colmare le lacune per favorire la sua adattatività futura. Deve lui per primo aver introiettato il concetto di disciplina, avendo chiaro che disciplinare non è una specie di compromesso tra l’inibire e l’assecondare ma rappresenta una terza via completamente differente. L’educatore si assume una responsabilità in tal senso, sia nei confronti del cane che nei confronti della famiglia. Si tratta di una responsabilità che non si limita al qui e ora, perché l’educatore costruisce un progetto che si estrinseca nel futuro. La cultura della prevenzione, vale a dire il non attendere che un evento sinistroso si verifichi per constatarne l’eventualità e la problematicità, è un requisito fondamentale dell’educatore che dev’essere in grado di tutorare il processo di crescita e quindi di vigilare alla luce della propria esperienza affinché tutto proceda nei migliore dei modi. Questo significa altresì che un educatore deve sempre sapere quali siano le situazioni che è in grado di affrontare avendo piena consapevolezza del proprio ruolo, della propria preparazione e infine dell’esperienza maturata. Qui si rende evidente la responsabilità e l’auto-responsabilizzazione che deve evolvere nell’educatore, che mette diligenza nel proprio lavoro, curandone tutta la filiera con proprietà predittiva e organizzativa, sapendo che la buona riuscita del progetto spetta a lui in prima persona. L’educatore non vende progetti preconfezionati ma costruisce progetti evolutivi ad hoc ovvero riferiti alle caratteristiche del soggetto e della famiglia a cui si rivolge.
Una crescita complessiva della persona
Potremmo dire che l’educazione – che significa prendersi carico del processo di crescita o di germogliazione dell’identità individuale – ha una bussola pedagogica nella realizzazione dei talenti individuali e nella mitigazione delle aree di debolezza. In tal senso l’educatore, proprio come un sarto, dev’essere prima di tutto in grado di prendere le misure del soggetto evolutivo per confezionargli un progetto pedagogico che stia bene ossia sia adeguato alle sue esigenze. Di qui la capacità di osservare e interpretare il soggetto che gli si trova innanzi senza cadere nella ripetitività del servizio, senza nascondersi all’interno di comode scappatoie metodologiche. Si tratta pertanto di una crescita complessiva della persona che passa anche attraverso l’evoluzione di qualità che trascendono il mero aspetto cinologico, ma che alla fine portano a compimento lo statuto educativo.
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