Anagrafe canina e gli strani casi di cani immortali
Cani di trenta e quarant’anni. È quello che succede nell’anagrafe canina di alcune località, che si riversano in quella nazionale. La quale ha bisogno di modernizzarsi. Vediamo su e giù per l’Italia, in un viaggio tra i vari uffici competenti, come “funziona” la raccolta dati.
Tra eccellenze e assurdità, laddove i cani deceduti spesso non vengono segnalati e quindi non sono rimossi dagli elenchi, risultando “in vita” per decenni e contribuendo ad alterare i data-base che in questo modo non sono veritieri, né affidabili.
Cani immortali ad Arezzo
Potrebbe sembrare uno scherzo. Ma è quanto risultava ufficialmente leggendo i dati dell’anagrafe canina di Arezzo nel 2011: migliaia di cani con 20-30 anni di vita.
Il sorprendente dato, da fare invidia a una favola sull’elisir di lunga vita, ha però una spiegazione tutta interna alla stessa gestione dell’anagrafe canina: i proprietari non avevano provveduto alla comunicazione di morte del loro cane.
Il fenomeno ha negli anni creato una anagrafe non aggiornata e piena di presenze non più reali. E ha portato al rischio di sanzioni agli ex-proprietari che non regolarizzavano la posizione del pet defunto, perché la comunicazione di morte è obbligatoria.
In Toscana se ne sono accorti in occasione del cambio del sistema operativo dell’anagrafe canina locale, e la vicenda dei cani matusalemme uscì sui giornali.
Ma in decine di altre località non succede la stessa cosa?
Anagrafe canina: obbligatoria da 25 anni
La registrazione dei cani nelle banche dati regionali, che confluiscono in quella nazionale, è un obbligo previsto da venticinque anni: dalla famosa legge numero 281 del 1991 (Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo) e successivamente ribadito da ordinanze ministeriali.
Per procedere all’iscrizione del proprio quattro zampe nell’anagrafe canina, i proprietari di cani devono aver fatto prima inserire il microchip, anch’esso obbligatorio a partire dal 5 novembre 2004: da tale data (in precedenza i cani venivano tatuati all’interno della coscia) tutti i cani devono essere identificati tramite l’applicazione di un piccolo chip sottocutaneo, contenente un codice magnetico di quindici cifre.
Il chip viene inserito dal veterinario, che può essere sia un libero professionista, sia uno pubblico dell’Asl, con una piccola iniezione nel lato sinistro del collo dell’animale.
Quando il cane viene chippato, viene automaticamente inserito in anagrafe regionale (se il vet è un libero professionista) oppure in anagrafe dell’Asl (se il vet è pubblico), che poi lo riversa in anagrafe regionale.
Comunicare la morte del cane
Così come è obbligatorio (e fondamentale per tutelare il cane stesso, ad esempio, in caso di smarrimento) iscriverlo in anagrafe canina, altrettanto obbligatorio sarebbe cancellarlo quando purtroppo il nostro compagno a quattro zampe termina la sua vita terrena.
Le sanzioni per omessa denuncia di scomparsa, morte e/o trasferimento di proprietà sono anche pesanti: da 78 a 233 euro. Le leggi che regolano l’anagrafe canina sono regionali e non sempre uniformi e la procedura burocratica per la cancellazione del proprio cane dall’anagrafe varia da Regione a Regione (e da Asl a Asl).
…non sempre è semplice
In alcune Regioni è, francamente, farraginosa e disincentivante.
In caso di morte del cane il proprietario, entro quindici giorni dall’evento, dovrà provvedere a darne comunicazione alla Asl di residenza munito di modello di denuncia, iscrizione originale all’anagrafe canina, passaporto, certificato veterinario attestante la morte e attestazione di avvenuta termodistruzione delle spoglie.
In altre Regioni non è necessaria l’attestazione di avvenuta termodistruzione, essendo sufficiente il certificato del veterinario che constata il decesso dell’animale, ma è comunque obbligatorio comunicare al Servizio Veterinario Asl il decesso del cane entro quindici giorni.
In altre ancora bisogna fare in fretta: entro tre giorni.
“Se si tratta di una morte prevista, quindi, in caso di cane anziano, magari già malato da tempo, conviene come prima cosa avvisare il veterinario”, conferma la veterinaria Manuela Chimera. “Portatelo direttamente dal veterinario: lui constaterà ufficialmente il decesso. A questo punto, se il cane aveva un tatuaggio o un microchip, il veterinario provvederà a rilasciarvi un certificato di decesso che andrà portato al Servizio Veterinario della vostra Asl entro quindici giorni dalla data del decesso, anche se qui la tempistica è poi variabile a seconda delle Asl di riferimento: per alcune si parla di tre giorni solamente, altre non sono così rigorose. In questo modo il cane verrà cancellato dalle liste dell’anagrafe canina”.
In Lombardia (e altrove) è veloce
In altre realtà la procedura, fortunatamente, è più semplice. In Lombardia, ad esempio, (ma anche in varie altre Regioni), il veterinario stesso provvede a cancellare direttamente il cane dall’anagrafe senza passare dalla Asl. Ma, ovviamente, è necessario recarsi dal proprio veterinario per fare attestare il decesso.
“Non è sufficiente che una persona mi dica ‘il mio cane è morto’. Devo verificare il decesso. Anche perché la banca dati lombarda è precisa: devo riferire se il cane è deceduto per morte naturale, per eutanasia su autorizzazione del proprietario o per morte accidentale”, sottolinea la veterinaria milanese Viviana Crotti.
Regola poco seguita
Quasi nessuno conosce l’obbligo di comunicare la morte del proprio cane. E, soprattutto, pochi lo rispettano. Alessandra Corbella, dell’associazione Gaia Animali & Ambiente, spiega uno dei motivi: “Quando c’era la tassa sui cani, che si pagava annualmente, era interesse del proprietario comunicare il decesso del proprio quattro zampe. Oggi che la tassa non c’è più è l’ultima cosa a cui si pensa”.
E talvolta, presi da altri pensieri, non ci si pensa proprio. Così l’anagrafe canina si riempie di cani ufficialmente mai deceduti.
di Edgar Meyer
foto prese da Shutterstock
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