Il cavallo: puro e nobile nei secoli
Il destino del cavallo non è mai stato molto felice. Da sempre impiegato come strumento da battaglia in Oriente, in Occidente veniva usato dai greci e dai romani anche nelle coltivazioni dei campi e nelle gare da corsa. Non si sa quando fu addomesticato, certo è che appare per la prima volta in alcuni scritti egiziani nel XVI secolo a.C. Mentre il primo popolo che lo accolse nella comunità fu quello degli Sciti, a quei tempi si trattava dei tarpan, i cavalli delle steppe asiatiche.
Senofonte e la psicologia del cavallo
Emerge, però, un dato interessante. Senofonte (430- 354 a.C.) dedica una parte del secondo trattato alla psicologia del cavallo, paragonandola a quella dell’uomo, spiegando che istigarlo con gesti e parole è sbagliato tanto quanto lo è nei confronti dell’uomo. Il cavallo dunque, suo malgrado, era impiegato nella guerra, ma almeno nella maggior parte dei casi diveniva un inseparabile compagno. Nei poemi, ad esempio, era spesso rappresentato in un rapporto affettuoso col suo eroe, addirittura dialogando con lui da fraterno amico.
Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno
In forza di questi sentimenti è rimasto celebre Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno immortalato in molti dipinti e mosaici. Era tradizione che fosse il cavallo a scegliere il proprio compagno e non il contrario. Si narra, infatti, che nessuno salì in groppa a Bucefalo fino all’arrivo del giovanissimo Alessandro Magno, dal cui incontro-idillio non si separarono più. Lo storico Arriano nell’Anabasi di Alessandro narra che quando Bucefalo fu rapito, Alessandro si arrabbiò a tal punto da lanciare un proclama, minacciando che avrebbe sterminato l’intero popolo del responsabile che lo aveva preso: fatto che gli fece riavere subito il suo cavallo. E quando Bucefalo morì di vecchiaia, Alessandro, devastato dal dolore, chiamò la città dove si trovava “Bucefala” in suo eterno ricordo.
Cesare, Augusto e Caligola
Lo stesso accadde nella vita di Cesare, il cui cavallo, secondo le narrazioni di Plinio il Vecchio, non si faceva governare da nessuno. Alcuni miti raccontano che fosse tanto intelligente da essere in realtà un uomo travestito, perché sembrava che al posto delle zampe anteriori, avesse piedi umani. Anche Augusto ebbe un cavallo che amò moltissimo, al punto da erigere una tomba in sua memoria. L’imperatore Caligola, invece, regalò al suo destriero una scuderia in marmo e una mangiatoia tempestata di pietre preziose. Si dice che volesse anche nominarlo console per la sua intelligenza.
Massima fedeltà al re Antioco
Non di rado i cavalli erano considerati animali dallo straordinario intelletto, ne parla anche Plinio il Vecchio ricordando, letteralmente che “inenarrabili sono gli esempi della loro intelligenza”. Plinio racconta di re Antioco ucciso da Centareto che, preso il cavallo come trofeo di guerra, gli salì in groppa così il quadrupede lo condusse in una corsa sfrenata verso un burrone, sacrificando la propria vita per vendicare il compagno.
Animale sacro e profeta
Ma non è finita. In Persia il cavallo era l’animale sacro di Ahura-Mazda e Mitra, mentre in India veniva associato ad Adytia (Sole). Erodoto parla dei Nisei, cavalli sacri, riccamente bardati che precedevano il carro di Zeus tirato, a sua volta, da otto cavalli bianchi. Il cocchiere non osava salire, ma camminava a piedi dietro di loro, in quanto nessuno era degno di star dinnanzi a loro o di farsi trasportare.
Lettura “equina” dei sogni
Di Più. Il cavallo occupa un posto importante nei culti religiosi antichi come detentore di qualità profetiche. Alla morte del re persiano Cambise, ad esempio, non essendoci un successore diretto, si decise di far scegliere al cavallo, ritenendo che sarebbe stato più saggio di un uomo. Anche per i greci i cavalli avevano virtù profetiche. Come Xanto, il cavallo di Achille, che gli predisse la morte nonostante fosse invincibile, mentre per i cristiani i cavalli dell’Apocalisse annunciano la fine dei tempi. Per tale motivo venivano interpretati presagi in caso di cavalli venuti anche in sogno. Il tema è affrontato fin dall’antica Grecia, come dimostra lo scrittore greco Artemidoro che nel II secolo d.C. scrisse il trattato “Sui sogni”, in cui il cavallo ha un significato diverso a seconda di come viene sognato. Se nel sogno si conduce un carro nel deserto o si esce da una città, la morte è imminente, mentre se si rientra, si scampa da un pericolo e si ottiene vita lunga.
testo di Isabella Dalla Vecchia. Oipa
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