Come diventare pet therapist
Con Pet Therapy definisce il sistema terapeutico che presuppone l’impiego di animali (cani, gatti, cavalli, delfini) per aiutare persone affette da disturbi dell’attenzione, cognitivi, psicomotori, nevrosi, ansie, depressione, sindromi o patologie psicotiche.
Il punto di forza della pet therapy sta proprio nella caratteristica intrinseca dell’animale: è privo di pregiudizi. Per tale ragione il paziente riesce a relazionarsi in maniera sana con un essere vivente, riuscendo a correggere schemi relazionali e di socializzazione patologici o disfunzionali.
Origini della disciplina
Il termine Pet Therapy è stato usato per la prima volta nel 1964 dallo psichiatra infantile Boris M. Levinson, il quale verificò il miglioramento delle interazioni con i pazienti autistici in presenza del suo cane. A seguito di tale rilevazione iniziò una serie di studi, che gli permisero di elaborare le teorie che si trovano alla base della moderna pet therapy.
In Italia si parla per la prima volta di pet therapy nel 1987 durante un convegno dedicato al rapporto uomo-animale, nel 2003 un decreto ne ha riconosciuto a tutti gli effetti il valore terapeutico e la dignità scientifica.
Gli animali coinvolti nella pet therapy
Partiamo dall’assunto che ogni animale può essere impiegato della pet therapy, dipende tutto dalla preferenza del paziente. Fra di loro, infatti, dovrà crearsi un legame tale da favorire la comunicazione e lo sviluppo e/o potenziamento di sfere quali responsabilità e autostima.
Detto ciò, sono molte le specie animali coinvolte nelle attività di pet therapy, cani e gatti, ma anche conigli, criceti, cavalli, delfini. Solo i cuccioli sono esclusi da queste attività. Generalmente si sceglie il cane, poiché è la specie che da più tempo ha un rapporto con l’uomo. Qualunque razza può andar bene, l’importante è che venga addestrato sin da cucciolo.
Altro elemento fondamentale è il rispetto totale dell’animale, che non va considerato uno strumento, bensì un vero e proprio soggetto attivo, che va tutelato. Nel 2005 il Comitato Nazionale di Bioetica ha pubblicato il documento “Problemi relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e al benessere umani”, che riassume le linee guida e gli obiettivi della pet therapy, che include non solo il benessere umano, ma anche animale. È per questo che negli ultimi anni si tende a coinvolgere animali provenienti dai canili, in maniera da donare anche a loro una possibilità di riscatto.
Programmi di pet therapy: AAA, AAT e AAE
Possiamo distinguere tre tipologie di pet therapy.
AAA (Animal-Assistede Activities): Attività Assistite da Animali
Le Attività Assistite da Animali hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita di persone che, per ragioni diverse, possono trarre beneficio dal rapporto con un animale. Possono rientrare in questo gruppo non vedenti, anziani, persone affette da malattie croniche.
In questo caso la pet therapy può essere svolta in molteplici ambienti, gli incontri non hanno una durata prestabilita e non esistono obiettivi terapeutici specifici. Generalmente le AAA vengono effettuate da professionisti e volontari.
AAT (Animal-Assisted Therapy): Terapie Assistite da Animali
Le Terapie Assistite da Animali hanno lo scopo di migliorare le condizioni fisiche, mentali ed emotive di un paziente. La pet therapy è sempre una terapia complementare a quelle che vengono già seguite con medici, psicologi e altri specialisti.
Le AAT hanno sempre un obiettivo terapeutico, viene seguito un programma predefinito e tutti i miglioramenti e le attività vengono accuratamente monitorati e analizzati.
AAE (Animal-Assisted Education): Educazione Assistita da Animali
L’Educazione Assistita da Animali ha come obiettivo primario il miglioramento delle capacità cognitive dei pazienti: facoltà linguistiche, capacità di rappresentazione, ragionamento, abilità nella risoluzione di un problema, capacità mnemoniche, utilizzo della comunicazione non verbale ecc… Le modalità di svolgimento per obiettivi e programmi è molto simile a quella delle Terapie Assistite da Animali.
Il ruolo pet therapist
Quello del pet therapist non è un lavoro solitario, si fa parte di un team composto da diversi specialisti – medici, psicologi, veterinari, etologi e istruttori – a cui possono aggiungersi, in funzione della patologia del paziente fisioterapisti, psicoterapeuti, insegnanti, infermieri e assistenti sociali. È un lavoro d’insieme che consente di individuare la metodologia adatta ad affrontare le patologie di ciascun paziente. Da una parte medico e psicologo valutano l’opportunità di coinvolgere un animale, dall’altra il veterinario e l’etologo si occupano di individuare l’animale più adatto al paziente, controllandone il benessere fisico e spichico nel corso della terapia.
Il ruolo del pet therapist è di mediare tra queste figure professionali e i pazienti, non solo scegliendo l’animale, ma soprattutto istruendo pazienti e familiari all’interazione, al carico di lavoro e alle aspettative che si possono riservare nell’animale.
Diventare pet therapist
Il percorso per diventare pet therapist non è semplice né veloce. Per prima cosa bisogna individuare l’ambito di intervento: medico-ospedaliero, socio-educativo, riabilitativo e della disabilità. Per ognuno di essi ci sono percorsi di studio specifici. Terminato questo occorre frequentare un corso per pet therapist, che include un periodo di tirocinio e il rilascio di un attestato di frequenza.
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