L’Uomo e il suo amore per gli animali
Se il cielo per noi è uno zoodiaco, se il parco giochi dei bambini ricorda un caravanserraglio, se i nostri eroi assumono i panni di chimere e centauri, se persino i segni dell’alfabeto non sono altro che rimodellamenti di zoomorfie, forse è proprio il caso di parlare di un “amore speciale per gli animali”. Indubbiamente l’essere umano è affascinato dall’universo zoologico e non è azzardato ammettere una vera e propria passione che ci lega alle altre specie. Non si spiegherebbe altrimenti la nostra tendenza a vedere animali nelle costellazioni e nelle nuvole, a utilizzare simbologie zoologiche nella religione, nella mitologia o nell’araldica, a cercare analogie di carattere e di somiglianza nella fisiognomica, a popolare le fiabe dei nostri bambini con personaggi teriomorfi ossia umani sotto spoglie animali.
ENTUSIASMO IRREFRENABILE
Potremmo pensare che si tratti di un retaggio culturale, emerso casualmente e poi mantenuto dalla tradizione, ma questo non spiega quell’interesse spontaneo e l’orientamento entusiasta che qualunque forma animale evoca in un fanciullo fin dai primi mesi di vita e anche la puntualità con cui si riscontra l’attore animale in tutte le culture. Certo, come tutti gli amori anche questa infatuazione presenta luci e ombre e sbaglieremmo a pensare che la passione per gli animali sia stata improntata sul rispetto o sull’amor cortese, perché in realtà, accanto a indubbie professioni di empatia e di attenzioni di cura e di alleanza, esiste anche una “dark side” che trasuda sangue, egoismi, contraddizioni. Non spiegheremmo gran parte degli atteggiamenti sfrenati verso gli animali se non ipotizzando un interesse acceso che si fa passione e trova nell’umano un terreno fertile per raggiungere l’eccesso, portando in superficie ciò che di meglio e di peggio ci caratterizza. Dobbiamo pertanto parlare di amore in termini di desiderio, entusiasmo, frenesia, sentimenti che si declinano sempre in modo contraddittorio, perché si alimentano alla fonte della possessività e dell’irrazionalità, esiti e volani di egocentrismo e d’impulsività. D’altro canto, se vogliamo comprendere la bramosia e il coinvolgimento che l’essere umano prova nei confronti delle altre specie, è necessario sospendere il giudizio etico – che non significa peraltro dimenticarlo – e cercare di capire i contorni di questa venerazione. Già, perché di questo si tratta, una sorta di chiodo fisso totalizzante che si manifesta dai primordi dell’espressione umana e che arriva fino ai giorni nostri con immutato vigore. In fondo le prime forme d’arte, tanto i dipinti rupestri di Lascaux, quanto i manufatti del paleolitico e del neolitico, sono pressoché monotematiche e il leitmotiv, manco a dirlo, è sempre l’animale.
di Roberto Marchesini, direttore del SIUA
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