Microchip obbligatorio: ecco come funziona
Un Regolamento comunitario del 2003 ha disposto l’obbligo del passaporto per il trasporto all’estero di tutti gli animali da compagnia, compreso quello di dotare gli stessi di microchip obbligatorio: cane, gatto e furetto.
Secondo il predetto regolamento, gli animali soggetti a trasporto senza finalità commerciale devono essere accompagnati con passaporto rilasciato dal servizio veterinario della Ausl competente che attesti le vaccinazioni eseguite e dotati di microchip.
In Italia la Legge quadro n. 281 del ’91, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, ha reso obbligatoria l’iscrizione di ogni cane all’anagrafe canina regionale, imponendo al proprietario o possessore anche temporaneo, di identificare il quattro zampe mediante l’introduzione sottocutanea di un microchip da parte del me- dico veterinario, operazione assolutamente rapida, indolore e senza anestesia.
La Legge quadro nazionale del 1991 è stata, quindi, recepita da ogni singola Regione, mediante specifica normativa che prevede, tra le diverse disposizioni, l’obbligo di registrazione del cane all’anagrafe canina regionale, come quello di comunicare eventuale e relativa cessione o decesso.
Ulteriori disposizioni sono previste in caso di passaggio da una regione all’altra, prevedendo che il proprietario debba necessariamente contattare l’anagrafe regionale di competenza per l’iscrizione del cane con tanto di sanzione pecuniaria in caso di omissione.
Microchip obbligatorio: è la carta d’identità del cane
Insomma, principalmente il microchip rappresenta la carta di identità di un cane.
Per questo motivo, in caso di eventuale perdita del quattro zampe, è necessario contattare immediatamente la polizia locale, competente nel controllo e prevenzione al randagismo, per sapere se qualcuno abbia segnalato il ritrovamento di un cane o comunque segnalare immediatamente lo smarrimento, come pure contattare i canili e rifugi della zona.
Risalire dal microchip al proprietario non è immediato, poiché il dispositivo di lettura viene utilizzato dalla competente autorità e dal veterinario, per questo motivo è consigliabile anche dotare il nostro quattro zampe di collare e targhetta ben leggibile con un numero di cellulare reperibile.
Il caso: se si adotta un cane altrui non microchippato…
Ma passiamo a un caso concreto che si è verificato anni fa, arrivato addirittura nelle aule giudiziarie, che riguarda, appunto, l’identificazione di un quattro zampe.
Il Giudice di Pace di Varazze aveva inflitto una multa di 1.200 euro per la condanna in base all’art. 647 del codice penale (reato di appropriazione di cose smarrite attualmente abrogato), a carico di una persona, per aver questa adottato un cane “altrui”, perché rivendicato successivamente dal presunto proprietario.
In sede processuale era emerso, tuttavia, che il cane oggetto della controversia non era stato rinvenuto direttamente dalla persona imputata nel procedimento penale, ma da altra persona, nella cui autovettura il quattro zampe era spontaneamente entrato, dopo averlo seguito per strada.
L’imputato, amante degli animali, aveva, quindi, accolto senza riserve il trovatello portatogli a casa e, come avrebbe fatto qualsiasi buon proprietario, aveva provveduto a far identificare il cane mediante microchip.
… chi lo registra ed è in buona fede, ne diventa il proprietario
Adempimento non eseguito, invece, dal presunto originario proprietario reclamante, il quale, fattosi vivo solo dopo diversi mesi dalla scomparsa dell’animale, alla legittima richiesta di esibire un documento attestante la proprietà del cagnolino, non aveva avuto modo di ottemperare.
Insomma, l’imputato non solo aveva adottato il cane in assoluta buona fede, ma aveva anche provveduto a tutelare l’animale stesso mediante l’immediata iscrizione all’anagrafe canina.
La Cassazione, pertanto, ha disposto che non c’è appropriazione indebita da parte di chi adotta un randagio senza nessun segno di riconoscimento e non registrato in anagrafe, ritenendo rilevante la buona fede dell’inventore e l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, non potendosi configurare, secondo i giudici, l’animale come cosa d’altri smarrita.
Concludiamo che l’inserimento del microchip e l’iscrizione all’anagrafe canina è un dovere imposto dalla legge ma, soprattutto, una tutela del nostro quattro zampe, perché rappresenta la sua carta di identità.
A cura dell’avv. Claudia Taccani – Sportello Legale Oipa
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