Wildlife Photographer of the Year: natura selvaggia a Forte Bard
Difficile ammirare e conoscere le storie più “intime” e segrete degli animali selvatici. Eppure, grazie ad appassionati e ostinati fotografi che hanno sacrificato tempo ed energie, sopportando freddo, caldo, sete e fame, protagonisti di lunghissimi e difficili appostamenti il premio Wildlife Photographer of the Year 2019 è stato possibile.
Il premio “Wildlife Photographer of the Year” è il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal Natural History Museum di Londra.
Oltre cento esclusive ed emozionanti immagini sono esposte a Forte di Bard, in Valle d’Aosta, fino al 2 giugno.
Sono tutti scatti vincitori nelle 19 categorie del premio “Wildlife Photographer of the Year”, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica promosso dal “Natural History Museum” di Londra. Attimi fuggenti selezionati tra ben 48mila scatti provenienti da cento Paesi del mondo, valutati da una giuria internazionale di apprezzati esperti e fotografi naturalisti.
Prede e Predatori
A vincere il prestigioso titolo “Wildlife Photographer of the Year 2019” è stato il fotografo cinese Bao Yongqin con lo scatto “Il Momento” che ritrae l’attacco di una volpe contro una marmotta uscita dalla sua tana dopo il letargo sull’altopiano del Qinghai, in Tibet. La foto coglie il dramma e l’intensità della natura: la forza del predatore che mostra i suoi denti e il terrore della sua preda. Ma i riconoscimenti sono diversi.
Rari corteggiamenti
Lo “Young Wildlife Photographer of the Year 2019”, ad esempio, è andato al quattordicenne Cruz Erdmann, della Nuova Zelanda, grazie al suo scatto “Bagliore notturno” (“Night glow by”) fatto durante una immersione al largo di Sulawesi, in Indonesia. L’immagine raffigura un pluri-variopinto calamaro durante un corteggiamento.
Vincitori anche due italiani
Riccardo Marchegiani con “Mattinieri” (“Early riser”), categoria 15-17 anni, e l’altoatesino Manuel Plaickner con “Pondworld”, per la categoria “Behaviour: Amphibians and Reptiles” sono i due vincitori italiani del Premio Wildlife Photographer of the Year 2019. Marchegiani ha ripreso una femmina di babbuino Gelada con il suo cucciolo all’alba su un altopiano nel Parco Nazionale del Simien in Etiopia. Mentre Manuel Plaickner ha fotografato delle rane comuni in uno stagno durante l’accoppiamento. Spesso sono scatti frutto di lunghi appostamenti: Plaickner, ad esempio, per oltre dieci primavere ha seguito la migrazione di massa delle rane in Alto Adige.
Guarda i 15 scatti del Wildlife Photographer of the Year 2019 selezionati da noi:
“Sfida tra cani e ghepardo”
di Peter Haygarth, Regno Unito
In un raro incontro un ghepardo maschio solitario e anziano viene attaccato da un branco di cani selvaggi africani. Il fotografo ha seguito questi ultimi con l’auto mentre cacciavano nella riserva Zimanga Private Game, KwaZulu-Natal, Sudafrica. Non appena il branco di cani sale a dodici gli stessi si sentono più forti e attaccano il felino che “rimedia” morsi, ma per fortuna riesce a fuggire. Sia i ghepardi che i cani selvatici sono quasi scomparsi in questo territorio, rimasti ciascuna specie in meno di 7000 esemplari a causa soprattutto della perdita dell’habitat e della frammentazione.
“Il Momento”
di Yongqing Bao, Cina
È l’inizio della primavera nell’altopiano del Qinghai-Tibet, nella riserva naturale nazionale dei Monti Qilian, e fa molto freddo. La marmotta si è svegliata da poco dal letargo e ha fame. Già un’ora prima aveva visto la volpe e aveva lanciato l’allarme per avvertire i suoi compagni di tornare sottoterra. Ma il predatore non aveva reagito ed era rimasta immobile. Poco dopo i due si incontrano di nuovo, la volpe è sempre immobile, nello stesso posto, ma poi improvvisamente si precipita in avanti sulla marmotta. È in questo momento che Yongqing coglie l’attimo e congela l’attacco. Tale interazione predatore-preda – l’intensità della vita e della morte scritte sui loro volti – fa parte dell’ecologia naturale dell’ecosistema altopiano dove le marmotte sono specie-chiave. Non solo sono la preda principale per le volpi e per quasi tutti gli altri predatori, ma sono fondamentali per la salute delle praterie, scavano tane che forniscono anche case per molti piccoli animali tra cui uccelli, lucertole e insetti e creano microhabitat che aumentano la diversità di specie vegetali e, quindi, la ricchezza dei prati.
“Mattinieri”
di Riccardo Marchigiani, Italia
Il titolo “Mattinieri” si addice sia al fotografo che ai fotografati. Non è la prima volta che Marchegiani ottiene riconoscimenti, ma questo è il più importante. La giuria del “Wildlife photographer of the year” 2019 lo premia come miglior fotografo nella sezione “15-17 anni”. Un maxi-evento a Londra sotto le volte e gli scheletri giganteschi del Natural History Museum (dove le foto saranno in mostra fino a maggio), l’emozione di essere tra i 19 vincitori con 48mila immagini in lizza da 100 Paesi del mondo è per lui davvero “un oscar della fotografia della natura”, come racconta orgogliosa sua madre. Una scimmia Gelada, babuino di montagna, con un cucciolo di una settimana aggrappato al suo ventre si arrampica all’alba sul bordo della scogliera sull’altopiano nel Parco nazionale dei Monti Simien, in Etiopia. Il giovane Riccardo, appena diciassettenne, dopo solo un’ora di attesa ha la fortuna di vedersi avvicinare questa mamma con il cucciolo. La foto cattura il suo sguardo laterale, ma anche gli occhi del suo bambino curioso.
“Bagliore notturno”
di Cruz Erdmann, Nuova Zelanda
Cruz sta organizzando un’immersione notturna nello stretto di Lembeh al largo del Nord Sulawesi, in Indonesia, come fotografo appassionato e abile nuotatore. E si imbatte in una coppia di calamari della barriera corallina impegnati in un rito di corteggiamento con comunicazione luminosa e multicolorata. Uno si allontana subito, l’altro – probabilmente il maschio – resta sospeso abbastanza a lungo da consentire a Cruz di catturare un meraviglioso istante della spettacolare performance subacquea luminosa.
“Match alla pari”
di Ingo Arndt, Germania
Il puma sferra il suo attacco al guanaco. Per Ingo lo scatto segna il culmine di sette mesi di appostamenti all’inseguimento – a piedi – del puma, resistendo al freddo estremo della regione di Torres del Paine in Patagonia, in Cile. Per registrare un attacco bisognava affrontare sia preda che predatore. Ingo individua un potenziale bersaglio – un grosso guanaco maschio su una piccola collina – e si apposta sottovento in attesa del puma. Il puma è veloce, ma solo su brevi distanze. Per mezz’ora si avvicina al guanaco e quando è a dieci metri lo attacca. I suoi artigli affondano sul guanaco che però volutamente si lascia cadere sul felino che così lo lascia andare, evitando un calcio che avrebbe potuto facilmente strappargli i denti o fratturare le ossa. Quattro attacchi su cinque del puma finiscono così, senza successo.
“La confusione”
di Stefan Christmann, Germania
Più di 5.000 pinguini imperatori maschi si rannicchiano contro il vento e il gelido freddo invernale sul ghiaccio marino della baia di Atka in Antartide, di fronte alla banchina ghiacciata. La sopravvivenza dipende dalla cooperazione: gli uccelli si rannicchiano insieme, indietreggiano al vento e si piegano, condividendo il loro calore corporeo. Il pinguino imperatore è l’unico animale che affronta all’aperto sul ghiaccio l’inverno più rigido della Terra con temperature che scendono sotto i -40° C, con un vento forte e gelido e con intense bufere di neve. Dopo un corteggiamento di settimane la femmina depone un unico uovo e poi parte verso il mare per tre mesi alla ricerca di cibo lasciando al maschio la custodia dell’uovo da tenere in incubazione. Il maschio, durante l’attesa della femmina, mantiene l’uovo al caldo fra i piedi, si muove per non assiderarsi e non mangia nulla.
“Se i pinguini potessero volare”
di Eduardo Del Álamo, Spagna
Un pinguino gentoo – il nuotatore subacqueo più veloce di tutti i pinguini – fugge disperato mentre una foca leopardo emerge all’improvviso dall’acqua per catturarlo. Il fotografo aveva individuato entrambi e stava aspettando di riprendere la scena al largo della costa della penisola antartica, vicino alla colonia gentoo sull’isola di Cuverville. Le foche leopardo sono formidabili predatori. Le femmine sono lunghe anche 3,5 metri e pesano più di 500 chili, i maschi leggermente meno. I loro corpi slanciati sono fatti per la velocità, hanno mascelle larghe, canini lunghi e molari appuntiti. Cacciano quasi tutto, dai pesci ai cuccioli di altre specie di foche. E giocano anche con la loro preda, come in questo caso, con la foca leopardo che insegue il pinguino per più di quindici minuti prima di catturarlo e mangiarlo.
“Bevanda fresca”
di Diana Rebman, Usa
In una fredda mattinata sull’isola giapponese di Hokkaido la fotografa si imbatte in una scena deliziosa. Uno stormo di cinciarelle dalla coda lunga e palustri si raccoglie attorno a un lungo ghiacciolo appeso a un ramo, alternandosi, per mordicchiare la punta e dissetarsi. Una di loro aleggia per una frazione di secondo durante il suo turno. Poi, con il sole il ghiaccio inizia a sciogliersi, una cinciarella ci si aggrappa ponendo fine alla leggiadra performance, causandone la rottura e l’inevitabile schianto a terra.
“Ultimo sussulto”
di Adrian Hirschi, Svizzera
Un ippopotamo appena nato sta vicino alla madre nelle secche del lago Kariba, nello Zimbabwe, quando un grosso maschio improvvisamente li prende di mira. Li insegue, afferra tra le sue fauci il piccolo, prima cerca di annegarlo poi lo schiaccia a morte. La madre, sconvolta, assiste al dramma.
L’infanticidio tra gli ippopotami è raro, ma può derivare dallo stress causato dal sovraffollamento, un maschio può anche aumentare le sue possibilità riproduttive uccidendo giovani che non sono i suoi, facendo scattare le femmine all’estro, pronte ad accoppiarsi con lui. I maschi sono pure territoriali, protagonisti di combattimenti anche brutali.
“Pausa fortunata”
di Jason Bantle, Canada
Un procione spunta con la sua faccia mascherata da bandito da un parabrezza crinato di una Ford Pinto degli anni Settanta in una fattoria deserta a Saskatchewan, in Canada. Sul sedile posteriore, i suoi cinque cuccioli giocosi. L’unico accesso alla macchina è il piccolo foro nel parabrezza, troppo stretto per un coyote, principale predatore dei procioni, rendendolo un posto ideale per crescere dei cuccioli. Nella foto, scattata di sera, la madre si affaccia per controllare i dintorni, viene immortalata dal fotografo e poi passa la notte in cerca di cibo.
“La terra dell’aquila”
di Audun Rikardsen, Norvegia
In alto su una sporgenza, sulla costa vicino alla sua casa nella Norvegia settentrionale, Audun posiziona con cura un vecchio ramo di un albero al quale avvita un treppiede con macchina fotografica, flash e sensore di movimento collegati e si costruisce un vicino nascondiglio. Di tanto in tanto lascia delle carogne nelle vicinanze. In tre anni un’aquila reale si abitua alla macchina fotografica e inizia a usare regolarmente il ramo per sorvegliare la costa sottostante. Così Audun cattura la potenza del maestoso animale in fase di atterraggio con gli artigli distesi sul ramo, per una visione dominante del suo regno costiero. Dal peso di gatto e un’apertura alare di oltre due metri, le aquile reali sono sorprendentemente veloci e agili, svettano, scivolano, si tuffano e fanno voli spettacolari e ondulati.
Le aquile reali hanno bisogno di ampi territori, che molto spesso si trovano in zone aperte e montuose nell’entroterra. Ma nella Norvegia settentrionale si possono trovare sulla costa. Cacciano pesci, anfibi, insetti, uccelli e piccoli e medi mammiferi come volpi e cerbiatti. Gli allevatori di bestiame norvegesi le accusano ingiustamente di cacciare pecore e renne e stanno premendo per rendere più facile e legalizzare la loro uccisione.
“Dormire come una Weddell”
di Ralf Schneider, Germania
Abbracciando le pinne al corpo la foca di Weddell chiude gli occhi e sembra cadere in un sonno profondo. Sdraiata sul ghiaccio al largo del porto di Larsen, nella Georgia del sud, è relativamente al sicuro dai suoi predatori – orche e foche leopardo – e quindi si rilassa e si mette a digerire. Le foche di Weddell sono i mammiferi riproduttori più a sud del mondo. Arrivano fino a 3,5 metri di lunghezza – le femmine sono un po’ più grandi dei maschi – i loro grandi corpi sono coperti da uno spesso strato di grasso per tenerli caldi sopra e sotto le acque ghiacciate dell’Oceano Meridionale. Si cibano di pesci grandi per cui sono eccellenti sommozzatori in grado di scendere a oltre 500 metri di profondità e possono cacciare sott’acqua per lunghi periodi, a volte più di un’ora.
“Sorpresa ronzante”
di Thomas Easterbrook, Regno Unito
Thomas è in vacanza con la sua famiglia in Francia, sta cenando in giardino in una calda serata estiva quando sente un ronzio. Il suono proviene dalle ali che battono veloci di una falena che si libra aspirando il nettare con la sua lunga proboscide.
Si dice che le sue ali battano più velocemente dei colibrì. Con la falena che si muoveva rapidamente da un fiore all’altro è una sfida inquadrare un’immagine. Ma Thomas ci riesce, catturando l’immobilità della testa della falena contro il mosso delle sue ali.
“Rifiuti da spiaggia”
di Matthew Ware, Usa
Da lontano la scena della spiaggia del Rifugio Faunistico Nazionale Bon Secour dell’Alabama sembrava attraente: cielo blu, sabbia soffice e una tartaruga marina di Kemp. Ma man mano che il fotografo si avvicina scorge il cappio fatale attorno al collo della povera tartaruga attaccato alla sedia da spiaggia. La tartaruga di Kemp è una delle più piccole tartarughe marine del mondo – lunga solo 65 centimetri – e anche la più minacciata. Negli ultimi 50 anni le attività umane – dal consumo di uova e carne alla cattura accidentale nelle reti da pesca – ne hanno notevolmente ridotto il numero. Un altro pericolo è l’infortunio o l’annegamento per l’enorme quantità di attrezzatura da pesca scartata e di spazzatura che finiscono nell’oceano.
“Il tocco della fiducia”
di Thomas P Peschak, Germania-Sudafrica
Una giovane balena grigia curiosa si avvicina a un paio di mani che scendono da una barca di turisti, lo scatto è di un veterinario fotografo. Nella laguna di San Ignacio, Patrimonio dell’Umanità, sulla costa della Baja California, in Messico, le piccole balene grigie e le loro madri cercano il contatto con le persone per un “grattino” sulla testa o un massaggio sulla schiena. La laguna comprende un allevamento di balene grigie e un santuario, area vitale l’inverno per questa popolazione di balene grigie sopravvissuta proveniente dal Pacifico settentrionale orientale. La caccia alle balene ha ridotto all’estinzione la popolazione occidentale e ha spazzato via quella del Nord Atlantico. Qui, invece, la fiducia tra balene e umani è cresciuta e oggi molte femmine incoraggiano i loro piccoli a interagire con le persone. L’osservazione delle balene è gestita con cura dalla comunità con piccole barche, nessuna pesca invernale e una interazione solo se le balene lo vogliono.
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