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La storia insegna a ripudiare la caccia

di Redazione Quattrozampe

diana caccia

In pochi sanno che la famosa dea Diana, in realtà, era contro i cacciatori. Lei era contraria a tutto ciò che poteva minacciare la natura, quindi, quasi certamente non sarebbe a favore dei nostri cacciatori così poco amanti degli animali.

All’interno della Rocca Sanvitale, a Fontanellato, in provincia di Parma, nella camera alchemica affrescata dal Parmigianino viene narrata la storia di Atteone, che durante una battuta di caccia scorge Diana e le ninfe nude alla fonte. La dea indignata per essere stata spiata, trasforma il cacciatore in un cervo, che verrà sbranato dai suoi stessi cani.

Il messaggio sotteso alla leggenda è evidente: il cacciatore vive sulla propria pelle quello che provano gli animali cacciati. Chi la fa l’aspetti, in sintesi.

Il cervo come simbolo

Tra tutti, il cervo è sicuramente l’animale che più personifica la preda.

In diversi culti antichi il mammifero con le corna ramificate simboleggiava l’anima e il messaggero degli dei, per cui non poteva essere trafitto per nessuna ragione.

Nella preistoria

Non solo un innocente animale che corre, il cervo è stato anche un’importante figura divina antropomorfa, metà uomo, metà animale. I cacciatori delle caverne dovevano renderne conto. Anche l’uomo primitivo, infatti, era fermamente convinto che gli animali avessero un’anima, e sebbene la sopravvivenza all’epoca dipendesse da quello, l’atto dell’uccisione non era glorificabile.

Non è un caso che ossa e crani venissero seppelliti a fini propiziatori, con l’augurio della tempestiva rinascita degli animali uccisi.

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