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Olivia: la gatta a caccia di libertà

di Claudia Ferronato

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La storia della gatta scomparsa.

I gatti a volte non vogliono essere trovati.
È il caso della nostra Olivia, una bellissima gatta calico bianca, nera e rossa.
Il giorno del mio compleanno, ha pensato “bene” di volatilizzarsi.
Puff! Sparita nel nulla!
Eravamo nella casa al mare, tutta la famiglia riunita: genitori, nonni, zii, cugini e rispettivi gatti al seguito, anche loro in vacanza.
Casa in pineta, niente asfalto, macchia della duna fitta fitta, a pochi metri da casa, villette dei vicini
a disposizione per le passeggiate feline giornaliere.
E la notte sul letto dei miei genitori, a ronfare in attesa di un’altra giornata avventurosa.
Quella mattina Olivia chiese insistentemente di uscire, poco dopo l’alba, e fu accontentata come ogni
giorno.
Eravamo certi che entro breve sarebbe tornata per la colazione e poi per il pranzo, la cena e la notte.

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Ma quel giorno, qualcosa andò storto.

Nella pineta si sentì l’urlo di un gatto, lì per lì non ci facemmo caso, c’erano tanti mici in giro…
A iniziare dai nostri quattro e poi gli “abusivi”, che venivano a mangiare dalle ciotole di casa, ma che non avevano mai dato noia ai nostri residenti.
Dopo pranzo iniziammo a sentire la mancanza di Olivia e cominciammo a chiamarla.

Spesso andava a dormire dal vicino (vai a spiegare a un gatto che il bel giardino accanto è proprietà privata), e temevamo fosse rimasta chiusa dentro.
Il vicino, poi, amico ormai di Olivia, ci assicurò che non era da lui.
Iniziarono le ricerche allargate, nella macchia, dagli altri vicini.
Niente. Vabbè, pensammo, tornerà, starà dormendo da qualche parte.
Tre settimane dopo la nostra gatta sarebbe rientrata a Roma con tutta la famiglia, un giretto nella natura le era pure concesso…

Sparita nel nulla

Ma i giorni passarono e di Olivia nessuna traccia.
Nessun miagolio, nessun bagliore bianco tra gli aghi di pino.
Niente. Mettemmo cartelli in giro ovunque.
Ogni giorno partiva una piccola squadra di ricerca che tornava sempre a casa a mani vuote e con le caviglie rigate dagli arbusti della duna.

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Olivia era completamente sparita.

Passarono altri giorni.
Ormai iniziavamo a perdere le speranze, guardavamo il trasportino vuoto, il libretto sanitario, la
ciotola sempre riempita in sua attesa.
Le nostre teste continuavano a creare scenari plausibili per la sua scomparsa.
“L’ha cacciata il gatto di zia, si è spaventata e non vuole tornare (quel bandito l’aveva già aggredita una volta!).
Lei non sa socializzare bene con gli altri gatti, è sempre emarginata!
È stata investita… speriamo di no!
Meglio il rapimento, allora.
È salita su un pino e non è più riuscita a scendere, sta tornando alla casa di Roma perché qui non le piace stare…”.
Ogni volta che pensavamo alla nostra gatta, ci veniva in mente la pineta e la duna, perché era il posto più plausibile
dove potesse rifugiarsi senza essere notata.
E infatti nessuno la notò più.

Miagolio di riconoscimento

Ma la quindicesima sera e nel silenzio post-cena, la ragazza che accompagnava la nonna nella quotidiana
passeggiata, esclamò: “Un miagolio!”.
Tutta la famiglia accorse nello sterrato e si mise in ascolto, per incamminarsi verso l’origine del richiamo.
Speranza, incredulità, voglia di non illudersi affollavano i pensieri.
Il miagolio riecheggiava sempre più vicino e sempre più disperato.
Giunti sul luogo in cui avremmo dovuto trovare un gatto, non vedemmo un bel niente.
La torcia illuminava qualsiasi tronco, cespuglio, buchetta nei paraggi, ma niente.
“Ma come diamine è possibile, viene da qui”.

“Mieeeaaaaoooowwwwuuuu”

Di colpo capimmo e alzammo tutti lo sguardo.
A dieci metri tra i rami di un pino avvistammo un felino bianco e nero.
“Olivia, è lei!”, “No!”, “Sì”, “No!”.
Iniziarono le manovre per far scendere il misterioso gatto dall’albero, Olivia o non Olivia, in palese difficoltà, a giudicare dai versi disperati.
Ma l’identità rimaneva dolorosamente incognita.
Intanto il gatto strillava dal pino e si inerpicava sempre più in alto.
Furono agitati croccantini e sbattute scatolette per invitare alla discesa, furono emessi i più affettuosi
e ridicoli versi di richiamo e di incoraggiamento a ogni passo verso la discesa, ma niente da fare.
Il gatto rimaneva “urlante” tra i rami.

Il difficile recupero

A un certo punto ci parve ovvio il bisogno di recuperare una scala alta.
Chiamammo il marito della signora che per prima aveva sentito il miagolio e che arrivò con padre e figlio al seguito e con una scala di dieci metri.
Una famigliola arrivata in soccorso alle undici di sera per recuperare un gatto su un albero.
Che bel gesto!
Salito sulla scala, il padre allungò una mano con dei croccantini e il gatto allungò la sua zampa per avvicinarli più in fretta e li divorò in un lampo.
E da lì il passo fu breve e il gatto fu riportato a terra.

Olivia era stata recuperata.

Subito portata in casa, rifocillata con poco cibo umido per volta.
(Si dice sempre di non affogarli nel cibo se non si è sicuri che non siano stati a digiuno per giorni).
E con tanta acqua (quella la bevve in quantità).
Il suo pelo era ispido, ruvido, spettinato, pieno di resina, la vita era assottigliata, gli occhi più sporgenti, i polpastrelli sporchi e arrossati, ma era Olivia ed era sana e salva.
Quella notte dormì nel suo posticino sul letto dei miei genitori, miagolando di tanto in tanto e facendo tante fusa.

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Spirito selvatico, tipico dei gatti

Non sapremo mai dove sia stata quei quindici giorni e cosa abbia fatto, cosa abbia mangiato. Probabilmente non l’avremmo mai trovata se non fosse salita su quel pino.
Probabilmente non stava nemmeno tornando a casa.
E chissà nella sua testa cosa pensava, forse erano bastati pochi giorni per far riemergere il suo spirito selvatico, che le impediva di tornare a casa, nonostante la fame.

 

Non sappiamo che intenzioni avesse.
Di sicuro sappiamo l’angoscia che abbiamo vissuto noi, in attesa di un gatto che poteva non tornare mai. Nella speranza di riportarla a casa e nella paura di non vederla mai più.

I gatti hanno mille risorse

Ringraziamo immensamente tutti coloro che hanno partecipato al recupero.
E a quelli che hanno smarrito il loro felino diciamo di non disperare, perché i gatti hanno mille risorse, molte più dei cani.
E a volte semplicemente non vogliono essere trovati e bisogna pensare che è altamente probabile che stiano riposando “alla faccia nostra” in qualche frasca, vivendo la selvaticità che volenti o nolenti, si sono trovati davanti.
Per la cronaca, Olivia è stata microchippata e dotata, durante il mese estivo, di un collarino con campanello e numero di telefono.
C’è chi dice che far indossare un collare a un gatto sia una crudeltà e che il campanello sia una tortura, ma credo che per un mese lo possa sopportare (e anche noi), in cambio della tranquillità dei suoi umani e della certezza di essere riportata a casa se venisse ritrovata.
Olivia era davvero contenta di essere di nuovo in un ambiente familiare e a contatto con i suoi umani. Ovviamente desidererà sempre farsi passeggiate selvatiche e come potrebbe essere diversamente?
È una gatta! E da gatta la faremo vivere.

di Francesca, genitori, nonni, zii, cugini e, naturalmente, Olivia (da Rio Claro, Latina)

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