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Capire il gatto: una strana e bella amicizia

di Redazione Quattrozampe

Capire il gatto

Il gatto è l’animale domestico più diffuso al mondo, tanto da superare il numero dei cani in un rapporto di 3 a 1, ma è facile capire il gatto?

L’urbanizzazione e l’abbandono progressivo delle aree rurali hanno portato a considerare il gatto come animale con buone potenzialità di adattamento al nostro stile di vita, più facile da gestire di un cane, più “indipendente” e più pulito.

Capire il gatto: chi è?

Scrive Stephen Budiansky,“Non esistono gatti da soccorso, gatti da guardia, gatti addestrati a individuare esplosivi, gatti da riporto, gatti da pastore, gatti da slitta, gatti che vadano a prendere le pantofole. Tutto ciò è un sollievo: se si racconta la storia del cane da una prospettiva scientifica, si rischia di attirarsi le ire di schiere di amanti degli animali imbevuti di falsi miti, le infinite storie su cani valorosi e leali, sul loro ‘amore incondizionato’. Sui mici, invece, nessuno si fa illusioni. I gatti sono gatti, e chi ne possiede uno lo sa bene. Quella percentuale costante di esseri umani che risolutamente apprezza e si gode la compagnia dei gatti ha capito da tempo che conviene prenderli per il loro verso e alle condizioni da essi stabilite … tanto i gatti non concedono alternative”.Capire il gatto

Fascino e fraintendimenti

I gatti ci hanno da sempre affascinato, sono intriganti, eleganti, affettuosi e, insieme, selvatici, li apprezziamo alle loro condizioni che non sempre, però, ci appaiono chiare.

Una leggenda irlandese dice “gli occhi dei gatti sono finestre che ci permettono di vedere in un altro mondo”, quello che la leggenda non narra è, per inciso, quale sia questo mondo.

La verità è che le persone fraintendono i gatti e, soprattutto, le persone “si aspettano” di fraintendere i gatti. I gatti sono considerati così misteriosi, ineducabili, incomprensibili che quasi rinunciamo in partenza a cercare di comprenderli un po’ di più. Non ci aiuta neppure la scienza, perché mentre il cane è stato oggetto di innumerevoli ricerche negli ultimi vent’anni, del gatto si è cominciato a parlare in termini scientifici solo pochi anni fa.

Incomprensioni sul comportamento

La maggior parte delle incomprensioni sul comportamento felino probabilmente deriva dall’opportunistico, atipico “stato” domestico di questi mici: i gatti si sono diffusi nelle comunità umane più di ogni altra specie, ma il loro processo di “addomesticamento” è stato ben diverso da quello del cane o di altri animali con cui condividiamo la nostra vita.

Felis Silver, animale solitario

Ogni altra specie addomesticata è sociale allo stato brado e la socialità è considerata dai biologi una spinta all’addomesticamento stesso, ma il progenitore del gatto domestico, il Felis Silvestris, è, invece, un animale solitario.

Capire il gattoIl Felis Silvestris vive tuttora ed è morfologicamente indistinguibile da un gatto Soriano. Per molte specie, inoltre, l’addomesticamento è stato una sorta di ultima spiaggia e ha permesso alla specie di sopravvivere, ma il gatto, in realtà, non è mai stato in difficoltà da un punto di vista evolutivo e, probabilmente, non lo è neppure oggi.

Per cui, se definiamo la domesticazione come “il processo grazie al quale una specie animale viene abituata alla convivenza con l’uomo e al controllo da parte di quest’ultimo con lo sviluppo di caratteristiche genotipiche e fenotipiche differenti dalla specie selvatica di origine”, possiamo renderci conto che il gatto non è ancora da considerare un animale del tutto domestico.

Specie “selvatica”

Il gatto mantiene, inoltre, delle caratteristiche tipiche degli animali selvatici. E come le specie “selvatiche”, il micio mantiene un periodo di socializzazione con l’uomo molto breve.

I gattini non nascono attaccati all’uomo, ma piuttosto nascono pronti a imparare ad attaccarsi all’uomo.

È un’inclinazione, forse, non più di questo, a imparare a darsi delle persone se esposti ad esse in un’età molto precoce, entro la settima settimana di vita. Un’altra caratteristica tipicamente selvatica è l’aumento improvviso di reattività che i gatti spesso manifestano.

Abbiamo selezionato i cani da compagnia per essere il meno reattivi e, al contrario, il più stabili possibile: ma chiunque possieda un gatto conosce bene quei picchi di attività, improvvisi, spontanei e brevi che questi animali manifestano generalmente al tramonto e all’alba.

Capire il gatto

Mentre Felis Silvestris era un animale solitario, il gatto moderno, se le risorse ambientali lo permettono, crea gruppi sociali (colonie).

Organizzazione sociale

Una specie è considerata sociale se i suoi membri vivono in coppie, in famiglie o in gruppi più grandi in modo stabile. Alcune specie sono meno adattabili e vivono in gruppo per tutta la loro esistenza. Altre, più adattabili, possono vivere in modo solitario o sociale a seconda delle circostanze.

È questo il caso del gatto che è in grado di sviluppare la sua organizzazione sociale in funzione delle risorse fornite dall’uomo. In territori poveri di risorse preferiscono la vita solitaria; in ambienti rurali formano piccoli gruppi che si approvvigionano sia grazie all’uomo, sia tramite l’attività predatoria. In ambiente urbano con risorse alimentari abbondanti e raggruppate si formano le colonie.

Il grado di aggregazione dipende direttamente dall’entità delle risorse disponibili, se le risorse sono in abbondanza, allora la vita in gruppo è vantaggiosa, ma se le risorse scarseggiano, allora i gatti possono scegliere di separarsi.

 

 

 

A cura di Ludovica Pierantoni – Medico veterinario, dipl. Ecawbm, specialista in Etologia applicata e benessere degli animali, master in medicina comportamentale, resp. Can SSDRL Napoli

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